La Concattedrale di San Valentino e dell’Assunta a Bitonto
Uno dei maggiori esempi di romanico nel Meridione d’Italia
Sara Foti Sciavaliere
La Cattedrale di Bitonto, intitolata a San Valentino, occupa il cuore del centro storico. Uno scrigno di arte medievale che con la sua mole si staglia verso il cielo. Eretta sulla stessa area di una chiesa benedettina dedicata all’Assunta, la Concattedrale risale alla fine del XII secolo secondo il modello della grande basilica a matronei di San Nicola di Bari, nelle forme mature del romanico pugliese.

Ha una facciata a salienti tripartita verticalmente da lesene, con tre portali. Il portale centrale, uno dei più ricchi e armoniosi della regione, è racchiuso tra due colonne sostenute da leoni e sormontate da ippogrifi che sostengono l’archivolto, con lunetta e architrave decorati. In cima all’architrave del portale centrale svetta un pellicano, che secondo la leggenda offre il suo cuore ai figli affamati, e simboleggia pertanto la generosità della Chiesa. Più in alto vi sono due bifore e in sommità un ampio rosone, il primo in Puglia con sovrarco sormontato da una sfinge e fiancheggiato da due leoni su colonnine pensili. In queste decorazioni emerge la tecnica sopraffina delle maestranze locali e l’intreccio tra elementi decorativi di origine occidentale e orientale.
Il fianco meridionale, che si affaccia sulla piazza è arricchito da sei profonde arcate sormontate da un elegante loggiato a esafore su colonnine e capitelli riccamente scolpiti.
L’ultima arcata corrisponde ad una porta, detta della Scomunica: da qui papa Gregorio IX scomunicò infatti Federico II accusandolo di essere sceso a patti con il sultano Al Kamil durante la crociata del 1227. Tale porta è detta anche “del Volto Santo” o “Porta dei masculi” (cioè dei maschi), e dalla quale si scendeva direttamente in Cripta, vanno notati specialmente i motivi a zig zag degli archi, il treccione dell’architrave e il traforo della lunetta, analogo a quello del portale destro della facciata, con in mezzo, invece di una colonnina, il Crocefisso a bassorilievo.
La testata meridionale del transetto differisce dall’altra per la presenza di un rosone, simile a quello della facciata, con sovrarco sormontato da una sfinge e retto da due grifoni ma meno scolpito e decorato. Al suo posto, invece, la testata settentrionale presenta un foro rotondo.
L’interno è del tipo basilicale a tre navate a matronei, con transetto e tre absidi.
Nel XVIII secolo le pareti interne furono completamente decorate con stucchi e furono dispersi gli arredi originali; le viene restituito il suo aspetto originale con i restauri del XIX secolo. Con il naso all’insù non si può non rimanere stupiti dalla copertura a capriate con legname di Calabria dipinte a motivi geometrici policromi, realizzata però alla fine dell’Ottocento su progetto di Ettore Bernich.
I capitelli delle colonne sono riccamente ornati con elementi vegetali e animali selvaggi e fantastici. Di particolare pregio è il primo capitello nella fila di sinistra, raffigurante l’ascesa in cielo di Alessandro Magno sul carro trainato da due grifoni e la successiva rovinosa caduta: è il cosiddetto “Volo di Alessandro”, un’iconografia molto frequentata nel romanico, derivata da un episodio della tradizione antica del “Romanzo di Alessandro” dello Pseudo-Callistene.
Sotto la seconda arcata destra si trova la monolitica vasca battesimale. Essa è ricamata con arcatine che presentano motivi vegetali ed è sostenuta da una colonna decorata con arcatine a motivi vegetali diversi dalla vasca.
Di assoluto rilievo, accostato al pilastro destro dell’arco trionfale, il complesso e ricco ambone datato 1229 e firmato da Nicolaus, sacerdos e magister, realizzato quasi interamente in marmo, smontato nel ‘600 e rimontato nel secolo successivo. La lastra in bassorilievo riutilizzata nella scaletta dell’ambone raffigura quattro personaggi, uno seduto e tre in piedi,che molti studiosi ritengono membri della dinastia sveva, anche per la presenza di un uccello piumato, forse un’aquila, al margine inferiore sinistro.
Interessante è anche il pulpito marmoreo, posto sullo stesso lato della navata centrale; databile al XIII secoloa, ha la peculiarità di essere frutto di un riassemblaggio settecentesco di pezzi erratici dell’ambone e del ciborio di Gualtiero da Foggia del 1240. Si presenta come una cassa rettangolare sostenuta da quattro colonne; la facciata anteriore è composta da frammenti scultorei di grande qualità e presenta motivi geometrici e vegetali e vetri colorati.
Procedendo ancora oltre, un pezzo importante è l’ambone scolpito, in origine posto tra le ultime due colonne a sinistra della stessa navata. Realizzato quasi interamente in marmo, possiede un lettorino riccamente scolpito con preziosi intagli e trafori, a cui poggia la scultura di un’aquila, sostenuta da una cariatide umana. Sull’ambone sono scolpiti i simboli dei quattro evangelisti e sul parapetto della scala, gli imperatori svevi Federico I Barbarossa, Enrico VI, Federico II e suo figlio Corrado.
L’iscrizione posta sotto il lettorino (HOC OPUS/FECIT NICOLAUS/SACERDOS ET MAGIS/TER ANNO MILLESIMO/DUCENTESIMO VICESIMO/NONO ĨDICTIONIS SECUNDE) attribuisce la realizzazione dell’ambone al prete Nicola, che partecipò anche alla costruzione del campanile della cattedrale di Trani, e lo data al 1229.
Federico II probabilmente visitò Bitonto in occasione di un dictamen pronunciato dall’abate e diacono barese Nicolaus, all’interno della concattedrale di Bitonto, in lode all’imperatore. La data della visita è tuttora incerta ma è collocabile tra 1229 e il 1236; probabilmente, l’ambone è stato realizzato proprio in onore dell’arrivo in città dell’imperatore.
Tramite due scaloni, aperti alla fine delle navate laterali, si accede alla cripta a oratorio che si estende sotto il capocroce. La scala di sinistra mostra una scultura che raffigura l’essere leggendario del Mezzogiorno italiano dal XII secolo, Colapesce, metà uomo e metà pesce.
L’aula della cripta, dotata anch’essa di tre absidi, è suddivisa da campate coperte da volta a crociera poggiante su ben 30 colonne di ex spolio, secondo la tradizione forse provenienti dal tempio di Minerva che insisteva sull’area dove oggi sorgono le Chiese di San Francesco e San Pietro in Vincoli. Le decorazioni dei capitelli alternano sugli spigoli maschere umane, cinghiali, babbuini e aquile con lunghe code, e sulle volute delle foglie. A questi si aggiungono medaglioni, foglie di palma e uccelli che si avvicendano con figure umane armate di lancia, cavalieri e centauri. Frammenti di affreschi parietali del XIV secolo sono superstiti testimonianze di un decoro che riferisce tematiche attente alle novità del gusto gotico proposto dalla corte angioina di Napoli.
Nel 1991, a seguito del cedimento dei lastroni pavimentali tra la navata centrale e quella sinistra, fu necessaria l’indagine archeologica che ha permesso di portare alla luce un articolato palinsesto monumentale. Al di sotto della Cattedrale di Bitonto di fatto sono stati rinvenuti interessantissimi resti del passato della città, in particolare della basilica paleocristiana.
La fase più antica della basilica paleocristiana si colloca nei secoli V e VI. L’edificio di culto emerso dagli scavi è caratterizzato dal tipico impianto a tre navate, probabilmente con un’unica abside, demolita in seguito alla costruzione della cripta romanica all’inizio dell’XI secolo, e dalla presenza di una ricca pavimentazione a mosaico policromo. In particolar modo, di eccezionale valore è il ritrovamento del tappeto pavimentale raffigurante un gigantesco grifo dal cui becco fuoriesce un racemo gigliato; la bordura congiunge quattro clipei angolari entro cui insistono volatili pachidermici dal cui becco si originano una sorta di proboscide. Tale iconografia deriva dai ricami sui tiraz prodotti negli atelier normanni di Palermo e in epoca sveva diffusi nel resto dell’Italia meridionale. Il mosaico, interamente realizzato in opus sectile, è collocato all’interno di un poderoso corpo di fabbrica a pianta quadrata, a ridosso della basilica, che un’accreditata ipotesi interpreta come il punto in cui sorgeva una torre che comunicava con l’esterno attraverso una scalinata.
Sulle pareti della basilica paleocristiana sono state rinvenute tracce di affreschi eseguiti in epoche differenti, tra il IX e il XII secolo, tra i quali è ben riconoscibile una raffigurazione di San Nicola. Il succorpo della Cattedrale romanica è stato inoltre interessato, dal XIII alla prima metà del XIX secolo, da una intensa attività sepolcrale e numerose sono le tipologie di sepoltura rinvenute.
Interessante è anche il rapporto che la cattedrale instaura con lo spazio urbano in cui si inserisce, quello che in antico veniva definita la Platea Pubblica ed oggi è piazza Cattedrale. Un tempo affollata di botteghe lungo i suoi margini, era il cuore delle attività mercantili e di scambio, poi si arricchisce di una quinta di palazzi che raccontano i mutamenti dell’edilizia civile e dei cambiamenti che più in generale subisce questo spazio. Ad esempio, tra la Concattedrale e il palazzo De Lerma, adiacente alla facciata del tempio, si erge una loggia cinquecentesca con soluzione ad angolo. La loggia realizzata dal vescovo Carafa è in pieno stile rinascimentale ed è chiamata loggia delle benedizioni. Sull’altro fianco della Chiesa, al centro della piazza si erge la Guglia dell’Immacolata, realizzata dopo un devastante terremoto che nel 1731 colpì l’area del barese: i danni, limitati a Bitonto rispetto alle aree limitrofe, spinsero i cittadini ad innalzare quest’opera votiva in segno di ringraziamento. E dalla piazza la Cattedrale di San Valentino e dell’Assunto accoglie e saluta il visitatore in tutta la sua bellezza, e non a caso una delle Chiese più celebri di Puglia.





