Sulle tracce di Giuseppe Manzo. A Leuca
La Vergine maria nelle opere di Giuseppe manzo dall’iconogrfia bizantina alla cartapesta sarà il tema della conversazione che si terrà a Leuca, Basilica di Santa Maria de finibus terrae, sabato 22 novembre a partire dalle ore 19. Interverranno Don Fabrizio Gallo direttore dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e Don Stefano Ancora rettore del Santuario di S. Maria di Leuca
Continuano le Conversazioni intorno all’arte della cartapesta “Sulle tracce di Giuseppe Manzo” nei luoghi che custodiscono opere importanti e altamente significative della vasta produzione devozionale dello scultore leccese. Dopo gli appuntamenti a Novoli, Supersano e Ruffano il quarto appuntamento si terrà nella Basilica di Santa Maria de finibus terrae a Leuca sabato 22 novembre a partire dalle ore 19 con ingresso libero.
La Vergine Maria nelle opere di Giuseppe Manzo dall’iconografia bizantina alla cartapesta sarà il tema dell’incontro, introdotto dall’operatore culturale Antonio Manzo, che vedrà gli interventi di Don Fabrizio Gallo direttore dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e di Don Stefano Ancora rettore del Santuario di Santa Maria di Leuca. Modera Antonietta Fulvio.
Questi incontri sono stati ideati, circa un anno fa, da Antonio Manzo (pronipote del Maestro), per “rafforzare” il sentimento culturale nei confronti di un Artista che è, grazie al suo lunghissimo operato, riconosciuto come il massimo esponente della Cartapesta in tutto il mondo cristiano.
Nella Basilica di Santa Maria de finibus terrae è conservato uno straordinario bassorilievo realizzato in cartapesta e gesso dedicato all’Annunciazione di Maria Vergine a cui è intitolata la Basilica. Giuseppe Manzo (1849-1942)lo realizzò nel 1892 per volere della nobile Famiglia Colosso di Ugento e rappresenta l’annuncio dell’Angelo a Maria. Situato a sinistra del transetto l’opera è uno straordinario esempio della sublime arte del Manzo, non a caso soprannominato il Michelangelo della cartapesta, della sua straordinaria tecnica scultorea capace di infondere all’opera spiritualità, raffinatezza in un quadro compositivo perfettamente bilanciato tra le due figure, che sembra cogliere l’attimo in cui la Vergine, ricevuta la notizia, ritrae le mani sul cuore, quasi a custodire quel dolce segreto.
Cenni biografici
Nato a Lecce nel 1849, Giuseppe Manzo fu soprannominato il Michelangelo della cartapesta, per il verismo e la perfezione delle sue sculture, pale per altari e altorilievi. Solo per restare in Puglia si annoverano un bellissimo altorilievo nel Duomo di Lecce, la Madonna del Rosario di Pompei nel Santuario di Santa Maria del Canneto a Gallipoli, l’Annunciazione nel santuario S. Maria de finibus terra, il San Giuseppe Patriarca nella Chiesa di San Nicola a Corigliano d’Otranto, il Sacro Cuore di Gesù e un altorilievo della Vergine con il Bambino nella Cappella del Santissimo a Cavallino, la statua della Madonna del Carmine nella Chiesa di San Vito a Surbo, il San Giuseppe nel Santuario S. Maria della Lizza ad Alezio, la Madonna dei Fiori nella Chiesa della Santissima Trinità Manduria, nella Chiesa della Beata Vergine a Casarano, a Melissano, Matino, Parabita, Tuglie, Putignano san Pietro Vernotico, Ostuni, Fasano, San Vito dei Normanni, Francavilla Fontana…
Una figura di spicco riconosciuta all’estero per talento e tecnica e per una vastissima produzione di Santi, Cristi e Madonne entrate a far parte di collezioni pubbliche e private in tante parti del mondo. Il suo laboratorio ricevette dal Re Umberto I il fregio dell’insegna regia come ricorda la targa apposta qualche anno fa in via Paladini, e durante la sua vita furono davvero tanti i riconoscimenti ricevuti per le sue meravigliose creazioni in cartapesta. Il papa Pio X gli conferì la Croce di Cavaliere dell’Ordine Piano e l’Accademia di Parigi lo nominò socio benemerito e gli attribuì la Medaglia d’Oro. Nel 1899 fu premiato con la medaglia d’oro all’Esposizione Campionaria di Roma e all’Esposizione Industriale e Commerciale di Poitiers e l’anno seguente alle esposizioni internazionali di Londra, Parigi e Bruxelles: questo a testimonianza, se mai ce ne fosse stato bisogno, della sua Arte universalmente riconosciuta dalle più prestigiose istituzioni dell’epoca. Lo attestano d’altronde anche i numerosi diplomi e corsi di merito attribuiti all’artista che mai adoperò per la sua opera in cartapesta i giornali perché come asseriva “i santi non si vestono di notizie”. Le sue statue si distinguono per la purezza del modellato, le armonie delle linee di figure dai lineamenti mai esagerati ma che esprimono con semplicità l’essenza della religiosità. Si racconta che quando doveva delineare i volti dei suoi “santi” Giuseppe Manzo si appartasse entrando quasi in estasi e questo non perché fosse geloso della sua arte ma semplicemente perché sentiva l’esigenza di entrare in contatto con lo spirito del simulacro da rappresentare.
Nella sua bottega, che contò fino a quindici unità nel periodo più fiorente, non si lavorò mai in serie ma con le più pure tecniche come aveva appreso dai suoi maestri dapprima Luigi Guerra, Achille Castellucci e Anselmo de Simone poi Achille De Lucrezi, dove presso la sua bottega iniziò a lavorare insieme a Andrea De Pascalis con il quale nel 1888 aprì un laboratorio sotto il Palazzo Romano, in via Paladini. Cinque anni più tardi il De Pascalis si mise in proprio e Manzo continuò da solo la sua attività. Il resto è storia, trasmessa al figlio Antonio che però, pur non raggiungendo la qualità tecnica del padre, fu costretto per l’imperante crisi del settore a chiudere il laboratorio nel 1959. I tempi erano cambiati, la carenza di committenti da un lato e dall’altro la mancanza di una trasmissione generazionale di un’arte destinata ad impoverirsi anche per la contaminazione e l’impoverimento dettato dalla produzione seriale di manufatti un tempo autentiche e concrete prove d’autore.

