Il Museo del mare. A Nardò in riva allo Ionio
Reperti di età romana provenienti da scavi archeologici custoditi in un luogo carico di fascino e di storia
di Sara Foti Sciavaliere
Nella periferia di Nardò, a circa sette chilometri dalla costa salentina jonica, troviamo il Museo del Mare Antico, nato grazie alla collaborazione tra Comune, Soprintendenza ABAP per le province di Brindisi, Lecce e Taranto e Dipartimento per i Beni Culturali dell’Università del Salento, e attualmente affidata nella gestione all’Associazione The Monuments People. Il museo ospita importanti reperti di età romana provenienti da indagini archeologiche effettuate nel mare e lungo la costa neretina.
Inizialmente concepito per accogliere i resti della nave romana di Santa Caterina, ha poi risposto a un progetto ben più ampio, “Il paesaggio come museo. Archeologia della costa di Nardò”, tuttora in corso, che si articola in un programma di ricerche di archeologia dei paesaggi marittimi, con scavi e prospezioni a terra e a mare, finalizzato a ricostruire le dinamiche di evoluzione e di popolamento della costa nei secoli, così come le rotte e i circuiti commerciali che la toccavano. Nel 2008 e nel 2010 si sono svolte due campagne di scavo archeologico in località Frascone (nel comune di Nardò), durante le quali studenti e archeologi sono stati impegnati nelle attività di scavo, documentazione e laboratorio, allestito presso i locali di Masseria Torrenova, all’interno del Parco Naturale Regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Sono state pure effettuate ricognizioni archeologiche di superficie del territorio circostante il sito archeologico e prospezioni subacquee dei fondali antistanti il Parco di Porto Selvaggio, dell’area del relitto degli Scogli delle Tre Sorelle, lo scoglio di Punta Lea e il tratto di mare corrispondente al sito di Scalo di Furno a Porto Cesareo.
La località Frascone rappresenta il limite nord-occidentale del Parco e dell’area umida della Palude del Capitano. Si tratta di una zona fortemente interessata da fenomeni di carsismo marino, che generato piccole doline chiamate localmente “spunnulate”, colme di acqua salmastra. Il luogo si caratterizza per la presenza di una piccola baia di forma semicircolare all’ingresso della quale, a qualche centinaio di metri di distanza, si staglia un isolotto di modeste dimensioni. L’area oggetto di scavo era già nota da un punto di vista archeologico per la presenza di materiale ceramico rinvenuto in superficie nell’area immediatamente a sud della baia, per la presenza lungo la costa di segni di cava, per il ritrovamento subacqueo fortuito di un contrappeso di stadera in bronzo e per la presenza, lungo parte del tratto occidentale della baia, di un allineamento murario costituito da grossi blocchi parallelepipedi in calcarenite locale. L’allineamento murario si trova a pochi metri dalla battigia e rappresentava, fino all’avvio dei lavori di scavo, l’evidenza archeologica più consistente.
È proprio al sito archeologico di Frascone, nella Palude del Capitano, che è dedicato un focus della collezione del Museo del Mare Antico di Nardò, in cui si illustrano, attraverso reperti e ricostruzioni, le diverse fasi di frequentazione del sito indagato dall’Università del Salento in collaborazione con l’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici. Le evidenze messe in luce permettono di ipotizzare l’esistenza di un edificio (villa) legato a una proprietà terriera (fundus), che nacque in età romana repubblicana (II sec. a.C.), forse su un insediamento precedente, e continuò a vivere fino alla prima età imperiale. A questa fase fa riferimento un tesoretto di denari d’argento rinvenuto che venne sepolto dal proprietario della villa nella seconda metà del I sec. a.C., probabilmente in un momento di pericolo o distruzione dell’edificio. La presenza in questo ricco gruzzolo di una moneta del regno di Numidia ha ispirato l’affascinante ipotesi che questi fosse un veterano della campagna d’Africa di Cesare, tornato a casa dopo la guerra. Nella seconda metà del III sec. d.C. il sito viene occupato di nuovo, ma con tutt’altra funzione: vengono costruite abitazioni molto semplici, con una tecnica edilizia povera, sembrerebbe a carattere stagionale, in un villaggio dedito ad attività legate al mare, in generale, e alla pesca in particolare, come testimoniano i numerosissimi pesi da rete in ceramica e in piombo rinvenuti, gli ami in bronzo, i chiodi a sezione quadrata di imbarcazioni, ma anche i resti di pesci, molluschi e crostacei consumati in loco.
Il carattere manifatturiero dell’insediamento (o di questo settore dell’insediamento) è suggerito anche dalla massiva presenza di ceramica comune, mentre i resti ittici sembrano alludere ad attività di trasformazione/lavorazione del pescato, per esempio la produzione di conserve di pesce. Nella moltitudine di reperti recuperati sul sito, oltre a lucerne in ceramica, è stato rivenuto un piccolo colino in bronzo, probabilmente usato nelle pratiche di aromatizzazione del vino. Ma indicazioni più particolareggiate sugli abitanti del villaggio sono fornite dagli oggetti di uso personale. Ad esempio si documenta la presenza femminile per via di spilloni in osso, adoperati dalle donne per le loro acconciature, ma anche bracciali in vetro nero o in bronzo, anelli e perline.
Infine, in età tardoantica (V – inizi VI sec. d.C.), si registra l’abbandono del villaggio e la trasformazione dell’area in terreno agricolo.
Il Museo del Mare Antico di Nardò ospita anche le anfore del relitto della nave romana di S. Caterina – Punta dell’Aspide, inserite nella ricostruzione della sezione trasversale di una stiva a grandezza naturale. Si tratta di un carico molto interessante, che testimonia la capacità produttiva del Salento ormai romanizzato – il naufragio si data al II sec. a.C. – all’inizio della grande stagione delle esportazioni di olio e vino locali in tutto il Mediterraneo e soprattutto verso Oriente.
Era luglio 1982 quando i Carabinieri rinvennero, nascoste nella pineta di Santa Caterina, alcune anfore che era state trafugate da un relitto. Questo fu individuato e le due successive campagne di scavi subacquei permisero di scoprire rilevanti dati sui traffici marittimi di questo tratto di costa. Ma quello della nave di Santa Caterina non è un episodio isolato, di fatto, accanto a questo nucleo principale, sono esposti reperti provenienti da altri relitti: per esempio dal carico più antico (IV sec. a.C.) degli Scogli delle Tre Sorelle, sempre di anfore vinarie, così come rinvenimenti subacquei isolati. I naufragi sono databili tra la fine del IV e il II sec. a.C. e testimoniano una vivace circolazione nel periodo delle Guerre Puniche e allo stesso si assiste anche all’operosità di numerose villae – sia residenze che aziende agricole – lungo la costa e nell’entroterra, come potrebbe esserne un esempio la villa del veterano di Frascone.
Il progetto espositivo ha privilegiato la funzione divulgativa e soprattutto didattica del Museo, che contempla un percorso specifico dedicato ai visitatori più giovani: il Museo dei piccoli. Qui infatti un personaggio, Antonius, bambino romano, indica ai suoi coetanei un percorso narrativo interattivo che si snoda attraverso postazioni multimediali a loro dedicate. Il Museo dei piccoli è curato da Maria Laura Spano, specializzata in didattica museale, da molti anni impegnata nella ricerca di metodologie coinvolgenti ed efficaci. Sempre in questa prospettiva si è dato ampio spazio a disegni e ricostruzioni, come i due plastici dedicati alle due distinte fasi dell’insediamento di Frascone. Ma il Museo del Mare Antico di Nardò è un spazio per le famiglie, per i curiosi, gli appassionati e i cultori di archeologia, per scoprire un pezzo di storia del territorio celato dalla polvere del tempo e dalla sabbia dei fondali che hanno custodito per secoli frammenti di vita passata che inseriti nel loro contesto e letti dagli esperti raccontano di vite, di civiltà che sono alle spalle del nostro presente. Pertanto suggerisco di approfittare del servizio di guida all’interno del Museo, reso disponibile da The Monuments People, e lasciarsi accompagnare da professionisti alla scoperta della collezione del Museo neretino del Mare Antico.