La romantica bellezza della costa sud occidentale della Sicilia

Viaggio lungo la costa da Selinunte a Mazzara del Vallo e Marsala tra le pietre antiche dei templi ai ricami delle chiese barocche

di Dario Bottaro

Si presenta abbagliata e quasi inghiottita dalla luce cocente del sole, questo tratto di costa della Sicilia che corre da Selinunte fino a Mazara del Vallo e poi sale ancora verso Marsala. Un bagno di luce e di riflessi che si rincorrono a pelo d’acqua instancabilmente, senza sosta, non curandosi degli occhi curiosi che con meraviglia si posano sulle increspature delle onde, poi sulla riva, sbattono sulle scogliere e di nuovo si muovono in cerca della bellezza, nel disperato tentativo di catturare ogni singolo frammento del bello. Il bello!

In Sicilia questo termine ha a che fare con un mondo che non puoi mai conoscere completamente, troppo grande per essere guardato, conosciuto, indagato, troppo profondo per lasciare intravedere quei tratti più nascosti che il tempo ha fermato, anche nel suo scorrere inesorabile. Il bello in Sicilia è il sole che sorge e lambisce la terra, è il silenzio del mare calmo accompagnato dalla brezza, è il caos delle onde del mare in tempesta e delle voci dei pescatori e delle benedizioni implorate al cielo, nel continuo rinnovarsi di riti e usanze che hanno dato da mangiare a intere comunità. Il bello in Sicilia è anche l’elegante convivenza dell’antico con il moderno, della pietra con l’acciaio, delle strade sommerse dal mare e dei grovigli di vicoli che si susseguono e si incastrano come un gomitolo attorcigliato. E lì sono i cortili popolari, disseminati di santi e quartare, di piante ornamentali e di gingilli apotropaici appesi fuori dalle case, quasi ad invocare la buona sorte. Immagini di una Sicilia che sembra voler dire “non disturbatemi, lasciatemi riposare nel caldo del meriggio estivo, tornate più tardi, adesso voglio sonnecchiare”. Questi sono soltanto alcuni esempi del bello, di quella forza arcana che risiede in ogni angolo della nostra terra e ci ricorda che la storia è sotto i nostri piedi.


Entrando nel parco archeologico di Selinunte si rimane impressionati dalla vastità dello spazio che si apre davanti ai nostri occhi e sul quale si stagliano le possenti architetture dei templi. Un’area di storia e di sacro che si sviluppa nella campagna per poi trovare riparo sotto una pineta e infine tuffarsi nel mare, dominato dall’alto in cima alla scogliera, dall’acropoli. Un susseguirsi di rovine, a destra e a sinistra, fanno quasi da spettatori muti delle tante persone che camminano per i sentieri tracciati sulla terra. Oleandri e piante di tante specie, tipiche della macchia mediterranea, addobbano gli angoli perimetrali dei templi con le imponenti colonne che si stagliano verso il cielo, in un coro di voci silenziose che inneggiano al glorioso passato di questo lembo ti terra. Percorrere la grande area archeologica è come compiere un viaggio nella storia antica, sembra di sentire il chiasso del popolo attorno ai templi e poi ancora l’austerità dei sacerdoti delle divinità olimpiche. Si rimane frastornati quando dopo questa prima tappa ci si dirige verso Mazara del Vallo. La città di San Vito e del “Satiro danzante” accoglie i turisti e i forestieri con la bellezza solenne del suo centro storico, una vera stratificazione urbana che riflette la mescolanza e la convivenza di culture diverse, specialmente quella araba. Sostando nella grande piazza accanto alla Cattedrale, ancora una volta si rimane abbagliati dalla bellezza. La pietra color ocra è spezzata dal bianco delle pareti e ritmata dal grigio dei marmi che decorano la facciata della Cattedrale e i palazzi circostanti. Lo sguardo incrocia i colori sgargianti, si posa su un putto, su un dettaglio, su una delle verdi palme che adornano, circondandola, la statua di San Vito posta in piazza. Il verde e l’azzurro sono i colori predominanti, qui, in questo tratto cittadino che sembra tuffarsi nel mare, che a pochi metri bagna la riva e fa da sfondo al grande “Arco normanno” che ricorda la grandezza di un popolo che ha rinnovato la Sicilia. Pochi passi dietro la Cattedrale e si inizia a camminare verso la zona del quartiere arabo, ma non ci si rende conto del passaggio da una cultura all’altra perché quelle strade sembrano accompagnare il visitatore. Vi si affacciano altre chiese dalle architetture barocche, colonne e fregi e statue che con i loro colori diventano armonia per lo sguardo e creano stupore. Poi le strade si stringono e iniziano a seguire un andamento diverso, più sinuoso e labirintico, strade che si incrociano con piccoli pittoreschi cortili che fanno bella mostra dei loro colori. Sono le maioliche fissate ai muri ad impreziosirli. Ciascuna diversa dall’altra, mani artigiane che hanno dato vita a un movimento che si apprezza più nell’insieme che nella singola mattonella di maiolica. Sono di varie dimensioni, alcune isolate altre affiancate fino a creare un unico grande pannello dove è raffigurato un pesce, o le barche ormeggiate al porto, oppure raccontano di storie, miti e leggende, come quelle dei saraceni o di San Vito. Si cammina a testa all’insù, cercando di incrociare porzioni di cielo che sembrano essere ritagliate dai contorni dei palazzi e delle chiese. Proseguendo per la costa si imbocca la strada per Marsala, ed è qui che gli occhi del viaggiatore possono ammirare un pezzo di storia che ha fatto grande la Sicilia sul finire dell’Ottocento e per alcuni decenni del secolo successivo. Come una grande fortezza dai colori del sole, si innalza lo stabilimento Florio, il cui ingresso al grande giardino è segnato da un grande cancello e dall’immagine a bassorilievo del leone. I leoni di Sicilia. Questo il titolo dato al libro dalla scrittrice Stefania Auci che con grande destrezza e una scrittura intensa, ha narrato la storia dei Florio, una delle famiglie che fece grande la Sicilia, prima semplici venditori di spezie, poi imprenditori del mare con la loro tonnara e poi ancora con gli stabilimenti per la produzione del vino e molto, molto altro ancora. Marsala è un prezioso centro di storia e di cultura dove le strette strade del centro storico prosperano di bellezza con le facciate delle chiese in stile barocco e i palazzetti nobiliari dagli ampi portali che si aprono sui cortili che mettono in mostra palme e anfore traboccanti di gerani dalle delicate sfumature. Una lunga retta sembra dividere in due il centro, è il corso principale che inizia e termina con le due antiche e possenti porte di ingresso alla città. Su questa via si apre la piazza con l’ampio sagrato della Chiesa Madre che per l’armonia della facciata delineata dai due campanili laterali, riporta la mente del viaggiatore alla Cattedrale di Noto, seppur in dimensioni più piccole. E’ all’interno di questa chiesa – la cui prima costruzione risale all’epoca normanna – che troviamo raccolte numerose opere d’arte e tesori. Uno in modo particolare cattura l’attenzione e si fa testimone dell’importanza del legame fra questa terra e l’Inghilterra medievale. E’ il busto reliquiario di S. Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury, a cui la chiesa è dedicata. Una scultura rivestita d’argento, dalle linee rigide ed essenziali, che narra dei rapporti fra la Sicilia e il nord dell’Europa durante il periodo della dominazione normanna. A pochi chilometri dal centro abitato, costeggiando il mare, il paesaggio cambia e dallo sfarzo del centro storico si passa all’ampia veduta delle famose saline, uno dei luoghi più belli di questo angolo di Sicilia, conosciuto in tutto il mondo per la bellezza del paesaggio che al tramonto si tinge di rosa e di arancio riflettendo sulle acque circostanti i colori del sole che sposano le numerose piramidi di sale disseminate accanto alle vasche naturali che sembrano ricamare il mare a pelo d’acqua, creando un disegno austero ed elegante sopra al quale fanno bella mostra alcuni mulini ancora funzionanti che disegnano il cielo con il loro movimento. L’aria qui ha l’odore del mare e del sale, ma profuma anche di gelsomino e ci invita a sostare per godere di questo meraviglioso e sempre nuovo spettacolo tra cielo e terra.