Fede e fantasia ad Otranto nel mosaico di Pantaleone
La grandiosa opera nella Cattedrale che racchiude tutti i misteri
Raffaele Polo
del primo millennio
Se il Dio, per essere tale, non si deve vedere (Deus absconditus est), così un mistero non deve avere una soluzione. Deve, insomma, suscitare interesse, indurre alla formulazione di ipotesi e congetture, ma poi deve rimanere senza una cetta spiegazione. Sennò, che mistero sarebbe?
Ecco allora che dobbiamo, per forza, parlare del maggiore mistero del nostro Salento che, pure, ne ha tanti: il pavimento della Cattedrale di Otranto, ovvero la grandiosa opera del monaco Pantaleone che, nel XII secolo riesce a creare una splendida allegoria di tutto lo scibile dell’epoca, mescolando con superba maestria leggende, miti, Fede e Fantasia e poi scomparendo nel nulla. Oggi, infatti, anche la sua figura, un po’ come Omero, è avvolta da leggenda e ipotesi. E, soprattutto, è decisamente ignorata da tutti, neanche una strada, neppure una statua o una targa in ricordo del creatore del capolavoro che, in più di 16 metri quadrati, racchiude tutti, o quasi, i misteri che potevano formularsi nel primo millennio.
Il bello è che Pantaleone ci ha mostrato e suggerito anche le soluzioni, caso per caso, figura dopo figura. E giustamente don Grazio Gianfreda, che ricordiamo con imperitura memoria, suggerisce di assemblare le figure e comprendere il loro assieme, piuttosto che analizzarle singolarmente…. Ma non basta; e ci meraviglia come Dan Brown non abbia scelto proprio questo pavimento per una delle avventure del professor Langdon che, come ormai sanno tutti, ci va a nozze con questi ‘misteri’ che risolve con semplicità squisitamente letteraria. Tra l’altro, sul pavimento vi sono anche simboli, segni e rimandi agli onnipresenti Templari che, da soli, monopolizzano buona parte dei ‘misteria’ di nostra conoscenza. Ma c’è anche Re Artù, tanto per dire. E non si può sbagliare perché appare vicino alla sua figura la scritta esplicativa ad indicarlo. In una sorta di antica progenitura dei fumetti, sono indicati i nomi di alcuni personaggi nel contesto del mosaico, quasi a voler aggiungere un mistero al mistero: infatti sono segnate le figure più identificabili, mentre restano sconosciute e indecifrabili alcune immagini che sollecitano decisamente la fantasia, come il Gatto con gli stivali o il mostro senza corpo né coda, per non parlare dei mille particolari che si affollano nell’osservazione particolareggiata del contesto del mosaico.
È chiaro che Pantaleone aveva un obiettivo, da sviluppare e far integrare al contesto chiesastico della Basilica di Otranto. Dove, tra l’altro, sono custoditi nelle impressionanti teche a finestra, le centinaia di teschi dei Martiri. Quasi a voler presagire quest’altra incredibile vicenda, il mosaico pare essere un’ulteriore chiave di lettura per gli eventi inspiegabili che si sono succeduti proprio lì, ad Otranto, nella vicinanze della Abbazia di Casole, di cui nulla è rimasto, se non l’ennesimo mistero di una sapienza messa proprio al centro del Mediterraneo, a far da spartiacque a civiltà e culture diverse. Il mistero, anzi i misteri, sono tanti. E anche l’accurata analisi realizzata in tante pubblicazioni (il solo Gianfreda ne ha realizzate molte, nel corso della sua vita) può portare solo ad ipotesi, molte delle quali appaiono plausibili ed asseverate da successivi studi. Ma sono solo ipotesi, argute, intelligenti, spesso fantasiose spiegazioni che finiscono per rendere ancor più indecifrabile lo scenario che l’Albero della Vita ci presenta, in tutto il suo splendore.
Il mistero resta, dunque.
E non ci resta che recarci in silenziosa visita a Otranto, imboccare la salita che conduce alla Cattedrale, osservare il rosone della facciata e immergerci poi nell’ovattato chiaroscuro dell’interno.
Il mosaico comincia subito, da qualsiasi punto si inizi l’osservazione, statene certi, il mistero sarà di eguale intensità.
Che vi dicevo? Il mistero, per essere tale, non deve avere soluzioni certe….