La sfida del vivere

Le riflessioni dello psicologo psicoterapeuta

Giovanni Bruno

Spesso accade che nei momenti di forti pressioni esterne o di affanni dell’animo, come in questi mesi calamitosi dovuti alla emergenza pandemica, l’uomo ricerchi un senso da dare alla propria vita, alla propria
esistenza. Dobbiamo tuttavia chiarire il termine “ esistenza”. Condonando tutta la letteratura filosofica che ha espresso i più vari orientamenti sul termine, da Platone a Kierkegaard, per esistenza intendiamo comunemente l’essere in un certo momento, nel presente piuttosto che nel passato o nel futuro.


L’esistere dell’uomo porta a produrre effetti su se stesso e sul contesto che lo circonda. La sua effettualità produce invariabilmente modificazioni sul proprio stato interno e sulle persone con cui è in relazione. Il senso, il significato da dare alla propria esistenza acquista dunque una valenza potremo dire ontologica, che riguarda la conoscenza del proprio “IO”, della realtà esterna, del fenomeno umano in generale.
Abbiamo finora parlato di esistenza e di senso, termini intimamente legati a una questione di cromosomi o più esplicitamente al carattere e alla personalità di ognuno. Se dunque dalle definizioni generaliste passiamo a un campo più circoscritto, come appunto l’Uomo, considerando la sua essenza, il suo stare al mondo ,ecco che tutto diventa più agevole ma anche più complicato. Il segno dei tempi ci porta a esaminare un Uomo che, almeno in Occidente e non solo, porta in sé dei paradigmi, dei codici che sono il portato di valori ampiamente diffusi, con tutta una serie di desideri impliciti o espliciti che soggiogano il soggetto. E qui è bene fare una distinzione tra desiderio e aspirazione. Il desiderio, seppur importante, può avere un significato ambiguo, esso può diventare una prigione , l’unico fine per cui attivarsi, una meta sempre più irraggiungibile. L’aspirazione al contrario è il proprio sogno che si persegue, è quella ambizione per la quale si è al mondo, la realizzazione del proprio demone, l’eudaimonia dei Greci.
Tuttavia gli strazi della mente sono fortemente legati al contesto civico e questa è una società che in ogni momento ci chiede immagine studiata, bellezza dei corpi, soddisfacimento veloce. Come resistere a queste sirene, a queste creature tentatrici che incantano e seducono? Molto dipende da noi stessi, dal nostro essere, dalla nostra costituzione psichica che si deve orientare verso un senso di giusta misura e di bene comune. Ma più esplicitamente è la nostra coscienza morale che ci deve guidare, che può e deve agire dentro di noi e fuori di noi. Forse allora abbiamo bisogno di essenzialità, di togliere la pompa, di saltare le cerimonie e i riti del superfluo. Semplicemente dipende da noi, dipende da te .
Forse, così facendo, la costruzione di un senso si farà strada e sarà legata per esempio alla scoperta che possiamo essere indispensabili a qualcuno per un’ora o per tutta una vita. O ancora scoprire che le persone vengono prima dei principi e degli stili di vita e che esiste un individualismo da declinare continuamente in un monologo collettivo. Sempre dunque nella ricerca di un senso la dimensione del simbolico deve contenere il reale, perché l’esistenza è un percorso, un processo dove nulla è statico e
dove l’altro è sempre forma di nutrimento , perché “ l’uomo senza l’uomo muore”.
Un’ultima notazione voglio riservarla a un libro di recente pubblicazione. Il testo è “Avere” , l’autore è Paolo Virno, pubblicato da Bollati-Boringheri. L’angolo visuale è quello di un linguista che vede il verbo avere al centro delle nostre esistenze. La vita dell’uomo è costellata dall’avere, avere molte cose non solo materiali, avere progetti, pensieri, relazioni senza tuttavia coincidere con nessuna di queste. Paolo Verno ci dice dunque che il verbo avere “incarna perfettamente la natura relazionale dell’uomo, sempre in comunicazione con l’altro da sé”.
Potremo concludere che non bisogna cercare il senso della vita perché la vita è già senso, racchiuso nella miracolosa stranezza di essere al mondo e di condividere questo mistero con chi ci è vicino.
Di questo solo ci dobbiamo accontentare.