Klimt, la Secessione e l’Italia

Fino al 27 marzo 2022 a Roma nelle sale di Palazzo Braschi la mostra dedicata all’artista austriaco

Antonietta Fulvio

Roma. «Il volto di Giuditta possiede una carica di seduzione. I suoi lineamenti sono trasfigurati al fine di raggiungere il massimo grado di intensità, che Klimt ottiene respingendo la donna in una dimensione irraggiungibile.» Con queste parole lo storico Federico Zeri descrisse l’opera che l’artista autriaco dedicò all’eroina biblica che decapitò il generale Oloferne. Un’opera iconica, in cui per la prima volta in un dipinto a olio la foglia d’oro si combina al colore, anticipatrice del periodo aureo certamente influenzato dalla visione dei mosaici “incredibilmente meravigliosi” di Ravenna. Conservato nel Belvedere di Vienna, il dipinto è tra quelli che si potranno visionare nella grande mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” allestita a Palazzo Braschi fino al prossimo 27 marzo 2022.

Inaugurato lo scorso 27 ottobre, dopo due settimane già in trentamila avevano visitato l’evento espositivo dedicato all’artista austriaco che torna a Roma, dove 110 anni fa, dopo aver partecipato con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1910, fu premiato all’Esposizione Internazionale dʼArte del 1911.
Frutto della collaborazione fra il Belvedere di Vienna, la Klimt Foundation, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e e co-prodotta da Arthemisia, la mostra, curata da Franz Smola, curatore del Belvedere, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna, ripercorre e racconta attraverso quattordici sezioni e oltre duecento opere il percorso artistico di Gustav Klimt (1862- 1918) sottolineando il ruolo di cofondatore della Secessione viennese e l’inedito rapporto con l’Italia, meta di numerosi viaggi documentati dalle lettere dell’artista.


A distanza di venti anni (l’ultima mostra a Roma dedicata a Klimt fu al Vittoriano nel 2001 e si intitolava “Klimt, Kokoschka e Schiele: dall’Art Nouveau all’Espressionismo”, ndr), sarà possibile ammirare oltre alla famosissima Giuditta I, Signora in bianco, Amiche I (Le Sorelle) (1907) e Amalie Zuckerkandl (1917-18). Tra i prestiti, del tutto eccezionali, figurano La sposa (1917-18), che per la prima volta lascia la Klimt Foundation, e Ritratto di Signora (1916-17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperato nel 2019 e che vedrà la stessa galleria una tappa successiva del progetto, a partire dal 5 aprile 2022, con “Klimt intimo” sempre a cura del comitato scientifico, composto da Gabriella Belli, Elena Pontiggia, Lucia Pini, Valerio Terraroli.
«Oltre a disegni, manifesti della Secessione, autografi e fotografie, la collezione della Fondazione – spiegano Peter Weinhäupl
e Sandra Tretter direttore e vicedirettrice Klimt Foundation – offre una panoramica trasversale della pittura klimtiana, accostando dipinti celebri a sconosciute opere degli esordi. Agli schizzi e agli studi naturalistici di boschi, alle opere create nell’ambito della Künstler-Compagnie e ai vaporosi ritratti di signora di fine Ottocento si affiancano composizioni rivoluzionarie come Amiche I (Sorelle), del 1907, e La sposa, grande tela incompiuta eseguita nel 1917 negli ultimi mesi di attività dell’artista.»
In mostra dunque oltre 200 opere tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, prestati eccezionalmente dal Belvedere Museum di Vienna, dalla Klimt Foundation e da collezioni pubbliche e private come la Neue Galerie Graz.
Cartoline autografe documentano poi i viaggi in Italia di Klimt, che visitò Trieste, Venezia, Firenze, Pisa, Ravenna – dove si appassionò ai mosaici bizantini – Roma e il lago di Garda, cui si ispirarono alcuni suoi paesaggi. Questi viaggi furono importanti per l’evolversi della sua ricerca creativa e ne accrebbero l’influsso sugli artisti italiani. Per questo al Museo di Roma a Palazzo Braschi le opere di Klimt sono messe a confronto con quelle di artisti italiani come Galileo Chini, Giovanni Prini, Enrico Lionne, Camillo Innocenti, Arturo Noci, Ercole Drei, Vittorio Zecchin e Felice Casorati che – recependo la portata innovativa del linguaggio klimtiano molto più dei pittori viennesi del loro tempo – daranno vita con diverse sensibilità e declinazioni alle esposizioni di Ca’ Pesaro e della Secessione romana.
Quattordici sezioni per il percorso espositivo che procede sul filo della cronologia e si struttura intorno ad una selezione di opere chiave. Si parte con Vienna all’inizio del 1900. Nel 1857 l’imperatore Francesco Giuseppe fa abbattere le antiche mura di Vienna per cingerla con una doppia strada alberata, la Ringstrasse, e sono l’architetto Otto Wagner e l’artista Gustav Klimt, coinvolti nella costruzione e nella decorazione degli edifici, a rompere con la tradizione e a fondare nel 1897 il movimento che avrà per nome Secessione di Vienna nell’intento di adeguare l’arte agli stili di vita contemporanei; non a caso il motto sarà “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”. Ma chi era Gustav Klimt? Un passo indietro, agli esordi, con la seconda sezione che prende in esame le opere della Compagnia di artisti fondata nel 1879 dai fratelli Gustav ed Ernst Klimt, insieme al loro compagno di studi Franz Matsch. Specializzati nell’esecuzione di dipinti murali firmano opere di prestigio come le decorazioni del soffitto negli scaloni del Burgtheater di Vienna e gli affreschi nella tromba delle scale del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Con la morte improvvisa di Ernst nel 1892 il gruppo si scioglie. La terza sezione è un focus sull’Associazione degli artisti austriaci – Secessione fondata il 3 aprile 1897 da Klimt con venti compagni e di cui Klimt sarà il suo primo presidente firmando il manifesto raffigurante Teseo nudo che combatte il Minotauro censurato dalle autorità. Non si tratta però di un Gruppo omogeneo e le differenze stilistiche tra gli artisti più orientati verso l’arte realistica e gli altri verso l’Art Nouveau porteranno a divisioni maggiori e Klimt, Moser, Hoffmann e Moll decidono nel 1905 di lasciare il gruppo.
Nella quarta sezione viene presentato Il Design nel contesto della Secessione Viennese che vedrà appunto uno stretto legame tra le belle arti, l’architettura e il design mentre la quinta sezione è incentrata su I primi viaggi di Klimt in Italia nel 1899 e nel 1903. Viaggi che vengono documentati grazie alle cartoline che Klimt invia quasi ogni giorno a Emilie Flöge a Vienna. Klimt scrive le prime cartoline da Villach, Pontebba, Venezia e Padova, Firenze, Pisa, La Spezia, Verona e da Riva del Garda.
Giuditta. Un’opera con lo status di icona è il tema della sesta sezione che analizza il famoso ritratto di Giuditta che decapita con le sue stesse mani il generale assiro Oloferne, ma la Giuditta di Klimt, sembra più una femme fatale, seducente e pericolosa, capace di sprigionare erotimo e morte. Sono gli anni in cui Freud apre le porte dell’inconscio e Klimt nei primi dieci anni del Novecento indagherà spesso nei suoi dipinti l’erotismo femminile.
Ritratto di Signora è il nome dato alla settima sezione che presenta invece la grande abilità di Klimt ritrattista: sono soprattutto ritratti di donne un genere molto popolare in quegli anni e frequentato anche da numerosi membri della Secessione viennese, come Otto Friedrich, Friedrich König, Max Kurzweil o Josef Maria Auchentaller.
L’ottava sezione della mostra presenta I quadri della Facoltà: è il 1894 quando Gustav Klimt e Franz Matsch ricevono l’ordine dal Ministero della Pubblica Istruzione di dipingere allegorie monumentali per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna. Klimt assume l’esecuzione delle rappresentazioni Filosofia, Medicina e Giurisprudenza, opere che sono considerate oggi le più importanti per aver trattato con esse l’erotismo e la sessualità come mai nessuno aveva osato fare.Sin dalla loro prima presentazione, le opere suscitano l’indignazione generale del pubblico e del contesto politico, tanto che il Ministero decide di non farle appendere come previsto inizialmente. Klimt rinuncia quindi all’incarico e restituisce l’onorario che gli era stato anticipatamente versato. Due dei dipinti delle facoltà finiranno nelle mani di un privato, uno entrerà in una collezione museale. Sfortunatamente, tutti e tre i dipinti furono distrutti negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale. Oggi conosciamo l’aspetto dei quadri della Facoltà grazie a fotografie in bianco e nero. Solo la figura di Igea nella metà inferiore di Medicina è stata fotografata a colori. Nell’ambito del progetto digitale su Gustav Klimt realizzato da Google Arts & Culture, un gruppo di ricerca ha utilizzato le più recenti tecnologie informatiche come l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale per ricavare il colore originale delle immagini dalle riproduzioni in bianco e nero. Il risultato di questo progetto di ricerca sarà presentato per la prima volta al pubblico nel corso di questa mostra. Al fregio di Beethoven è dedicata la nona sezione che indaga la grande mostra tenutasi nel 1902 dalla la Secessione viennese. Klimt in quell’occasione realizza un’interpretazione visiva della Nona Sinfonia in un fregio murale lungo 34 metri e fortunatamente a fine mostra non viene distrutto. Rimosso dal muro, il fregio finisce nelle mani di committenti privati, venduto successivamente negli anni ‘70 alla Repubblica d’Austria, dopo anni di restauri, trova la sua definitiva collocazione nei sotterranei del palazzo della Secessione viennese, dove è possibile ammirarlo ancora oggi. La decima sezione analizza la Pittura paesaggistica che per Klimt sarà un punto fermo nella sua pittura accanto ai ritratti e alle allegorie invece l’undicesima è incentrata sull’Esposizione internazionale delle Belle Arti di Roma nel 1911. La sala Klimt, fulcro del padiglione austriaco, presenta otto dipinti e quattro disegni, tra ritratti, paesaggi, soggetti allegorici. Fra questi, il celebre dipinto Il bacio, i ritratti della signora Wittgenstein e quello di Emilie Flöge, due elaborate opere simboliste quali La Morte e la Vita e La Giustizia, le Bisce d’acqua I (o Le sorelle). La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma acquisterà il dipinto Le tre età della donna dove è tuttora conservato. Roma ma prima ancora la città lagunare è il tema del dodicesimo segmento che racconta la partecipazione di Klimt alla Biennale di Venezia. La prima volta è con due opere nel 1899 e nel 1910 con una sala individuale la numero 10 quando presenta il dipinto Le amiche affiancato allo scandaloso Bisce d’acqua II suscitando scalpore. Nino Barbantini, direttore della Galleria Internazionale di Ca’ Pesaro spiegherà: «L’arte di Klimt è antipatica al nostro tempo perché l’oltrepassa e prepara il tempo di domani».
La Secessione 1914 è la tredicesima sezione che ripercorre la mostra romana con la partecipazione dell’Associazione di artisti austriaci fondata da Klimt nel 1906 in seguito alla scissione dalla Secessione viennese. L’unica opera inviata da Klimt fu il Ritratto di Mäda Primavesi (1912-1913). Il percorso si chiude con le opere rimaste incompiute quando nel 1918 Gustav Klimt muore all’improvviso, per le conseguenze di un ictus, lasciando in lavorazione La Sposa, sul tema dell’amore e del desiderio sensuale, il Ritratto di Johanna Staude e Ritratto di dama in bianco.
Museo di Roma a Palazzo Braschi
Piazza San Pantaleo, 10 – Roma
fino al 27 marzo 2022
Info e prenotazioni
T. +39 060608
tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00
Social e Hashtag ufficiale
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