Michele Sambin, Arché/Techné

Al Museo Castromediano di Lecce dal 29 gennaio 2022 al 27 marzo 2022 l’omaggio all’artista veneto e alla sua arte totale

Sara Di Caprio

LECCE. Omaggio a Michele Sambin, artista totale, capace di declinare e far incontrare cinema, video, teatro, musica, scultura, pittura disegno. Uno sperimentatore, controcorrente, che ha anticipato con le sue geniali intuizioni la videoarte.
Dal 29 gennaio al 27 marzo 2022, le sale del Museo Castromediano di Lecce ospiteranno “Michele Sambin: Archè/Téchne” il progetto realizzato da Cineclub Canudo in collaborazione con il Polo biblio-museale di Lecce che permetterà al museo di acquisire, nella propria collezione permanente, la videoinstallazione “Il tempo consuma”.

Si tratta di un’opera fondamentale nella storia dell’arte contemporanea, per l’innovazione apportata da Michele Sambin al linguaggio artistico per quanto riguarda il video, la performance, inoltre l’artista veneto fu il primo ad introdurre la tecnica del videoloop a partire dal 1978. Il progetto, a cura di Bruno Di Marino, con la direzione organizzativa di Antonio Musci e Daniela Di Niso, è realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo, della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, che renderà possibile l’acquisizione, ma anche l’esposizione dell’installazione Il tempo consuma, che è al centro di un progetto espositivo più ampio, oltre a una serie di altri eventi, tutti incentrati sull’opera di Sambin, già avviati a partire da novembre 2021.

Michele Sambin, From Left to Right (1981)


La mostra, che sarà visitabile tutti i giorni, dal martedì alla domenica, negli orari di apertura del museo, comprende anche la scultura 10 travi prismatiche (1975/2021), realizzata nel periodo della frequentazione veneziana di Sambin con il grande scultore Mark di Suvero. Quest’opera andò poi distrutta alla fine di quel decennio ed è stata ri-costruita per l’occasione, ma è installata nell’Ovile, la casa-atelier dell’artista a Cannole, a pochi chilometri da Lecce. L’idea è quella di un percorso espositivo espanso, che si prolunghi fuori dal museo, permettendo allo spettatore di accedere direttamente all’ambiente esistenziale e creativo di Sambin, fruendo l’opera nello spazio naturale in cui è stata assemblata e in cui respira. Per l’occasione saranno organizzate delle visite alla mostra, al museo Castromediano e all’Ovile, in orari e giorni concordati con l’artista.
Il titolo del progetto evidenzia come nell’immaginario di Sambin il saper fare artistico, ma anche manuale e artigianale (téchne), non può essere disgiunto dalla ricerca sulle peculiarità del dispositivo tecnologico, che si è evoluto nel corso dei decenni. Il continuo riferirsi alle origini millenarie della cultura artistica dà vita a un unico e suggestivo discorso, in cui l’arte del presente e del passato ci indica nuove vie per il futuro.

L’artista Michele Sambin


Sambin è sempre stato estraneo a qualsiasi movimento o tendenza artistica, inclassificabile, alieno al sistema dell’arte (eccetto nel periodo in cui ha fatto parte della Galleria del Cavallino di Venezia, che fu comunque un laboratorio fuori dagli schemi). Ed è qui che nasce, nel 1978, la performance Il tempo consuma, durante l’annuale laboratorio dedicato alla produzione video (Dino Marangon, Videotapes del Cavallino, Edizioni del Cavallino, Venezia 2004). Sotto questo titolo si raccolgono opere declinate in forme diverse: in origine è una performance che utilizza il sistema videoloop, una tecnica originale inventata da Sambin, che consiste nell’utilizzo di due videoregistratori a bobina aperta, sui quali fa passare un anello di nastro magnetico. Uno dei due lettori è collegato a uno dei due monitor in diretta; l’altro schermo trasmette invece in differita. Sfruttando il ritardo tra l’immagine registrata e quella trasmessa Sambin riesce a realizzare il suo loop, muovendo ritmicamente il proprio corpo come un metronomo e scandendo le parole: «il tempo consuma le immagini; il tempo consuma i suoni». Attraverso cicliche sovrapposizioni si crea un’accelerazione del deterioramento dell’immagine e del suono: le parole e i movimenti del corpo si trasformano assumendo un nuovo senso. A partire dal 1978 la performance è stata proposta live in varie occasioni tra cui: Galleria del Cavallino (Ve), Galleria Bevilacqua La Masa (Ve), Sala Polivalente – Palazzo dei Diamanti (Fe). Nel 1980, invitato da Vittorio Fagone per la Mostra Camere incantate al Palazzo Reale di Milano, Sambin crea una videoinstallazione (da non confondersi con l’opera video del 1978) composta da una serie di video realizzati con la tecnica videoloop e che consisteva nella diffusione contemporanea, su nove monitor a tubo catodico, dei diversi video creati per l’occasione e riprodotti da tre videoregistratori.
La mostra si inserisce in una più ampia collaborazione che il Polo ha avviato con Cineclub Canudo in occasione della grande mostra antologica dedicata all’artista Paolo Gioli che è stata ospitata dal Museo Castromediano di Lecce lo scorso anno.
Il progetto è patrocinato dall’Assessorato alla Cultura della Regione Puglia, Apulia Film Commission, Polo biblio-museale di Lecce, Provincia e Comune di Lecce, DAMS dell’Università del Salento, Accademia di Belle Arti e Conservatorio di Lecce e può contare, inoltre, sulla collaborazione dei festival Avvistamentie Instants Vidéo di Marsiglia, dove dal 12 novembre 2021 al 13 febbraio 2022, nell’ambito della 34 edizione del festival, è allestita, a La Friche la Belle de Mai, una mostra di Michele Sambin, che propone Il tempo consuma, insieme ad altre opere dell’artista padovano. Nella stessa occasione, il 12 novembre è stato proiettato il film “Più de la vita” (2019) di Raffaella Rivi, che racconta quattro decenni del percorso artistico di Michele Sambin, seguito da un incontro con la regista, Sambin, Bruno Di Marino e Marc Mercier, direttore artistico del festival francese.
L’allestimento site specific dell’installazione sarà realizzato in dialogo con la particolare architettura del museo che la ospiterà e con la sua duplice vocazione all’archeologia e al contemporaneo: il tema dell’opera, che attraversa tutto il lavoro di Sambin, ha a che fare direttamente con questa dimensione circolare del tempo e con i continui rimandi tra presente, passato e futuro. Entrando nel museo il visitatore si troverà al cospetto dell’opera installata al centro della prima sala (tre pareti/schermo) mentre le rampe elicoidali che portano al piano superiore saranno una sorta di rappresentazione architettonica del concetto di loop. I visitatori – spiegano gli organizzatori – potranno accedere all’interno di un ambiente visivo/sonoro di carattere immersivo, che data la sua dimensione immateriale rimane in comunicazione con gli ambienti adiacenti. Per fare in modo che il museo possa arricchire la propria collezione anche attraverso un’opera materiale di più semplice riproposizione è prevista la realizzazione di una serie di sequenze foto/grafiche che fissano in modo statico ciò che viene proposto dalle immagini in movimento, attraverso interventi pittorici su still tratte dai video, esposte per mezzo di light-box.
La mostra propone opere realizzate nell’arco di cinquant’anni, a partire da lavori pittorici, lasciati in sospeso nel 1970, che l’artista completa in questa occasione; per proseguire con altri progetti che segnano le tappe fondamentali del suo percorso nelle arti e che mettono in gioco i diversi medium che l’hanno caratterizzato: pittura, disegno, installazione, teatro; per concludersi con la presentazione dell’ultima opera: “Dentro alle cose”, un lungometraggio che verrà proiettato in anteprima il giorno dell’inaugurazione al Castromediano.