Sensibilità percettive l’arte di Grazia Varisco
In mostra fino all’8 gennaio 2023 a Lecce Fondazione Biscozzi Rimbaud, le opere dell’artista milanese
Sara Di Caprio
LECCE. Dopo “L’artista del bianco” mostra di apertura di Angelo Savelli, e “L’altra scultura” con le opere dello scultore salentino Salvatore Sava, la Fondazione Biscozzi Rimbaud continua a sorprendere il pubblico con un nuovo progetto espositivo che dallo scorso ottobre vede protagonista l’artista Grazia Varisco. Reduce dalla partecipazione alla Biennale di Venezia nel Padiglione Centrale e da una recente mostra antologica a Palazzo Reale a Milano, Grazia Varisco presenta fino all’8 gennaio 2023 negli spazi della Fondazione leccese una piccola ma preziosa mostra di diciassette opere che coprono l’intero arco della sua carriera, un percorso in cui i singoli lavori, dalla fine degli anni Cinquanta al 2009, costituiscono un corpo unitario, pur conservando ciascuno la propria originalità.
«Donna salda e priva di timori reverenziali, che giustamente – ma con coraggio – ha sempre dato per scontato di non avere nulla in meno dei propri colleghi uomini quanto a capacità e inventiva, Grazia Varisco non ha avuto bisogno di rivendicare alcunché: si è limitata a fare e a essere, da autentica artista (termine che in lingua italiana, al singolare, è felicemente invariabile al maschile e al femminile). Si legge nella introduzione al catalogo di Paolo Bolpagni curatore nonché direttore scientifico della Fondazione che aggiunge – E la sua potenza creativa, già vivacissima alla fine degli anni Cinquanta, ha continuato e prosegue tuttora a suscitare meccanismi percettivi, strutture formali e significati visivi differenti, disparati, eppure accomunati da un tratto, da un tocco che è peculiare e riconoscibile, al contempo serio, arguto, sorprendente, ironico ma non troppo, ben consapevole di sé.»
Intitolata “Sensibilità percettive” la mostra parte da Tema e svolgimento (1957-1959), risalente al periodo di apprendistato all’Accademia di Brera, “semplice e lieve – scrive Bolpagni nel suo saggio in catalogo – quasi à la manière de Paul Klee… un rotolo di carta caduto e l’idea di trarre da un simile evento casuale lo spunto per un’interpretazione estetica”. L’opera rivela già la sensibilità percettiva della Varisco e il suo porsi in osservazione e “in ascolto” costante della realtà. Nel 1959-1960 comincia l’avventura del cinetismo con il famoso Gruppo T, che nasce a Milano con la partecipazione della Varisco insieme con Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo e Gabriele Devecchi: la loro poetica è incentrata sul concetto di miriorama, cioè sull’idea della variazione dell’immagine nella sequenza temporale. Nascono le tavole magnetiche di Grazia Varisco, di cui in mostra sono presenti due esemplari – Tavola magnetica a elementi quadrati (1959) e Tavola magnetica trasparente “Filamenti liberi” (1960) – con elementi fissati al supporto tramite magneti e quindi spostabili: oggetti semplici, dalle forme regolari e geometriche, oppure filamentose e aree.
Le opere Oggetto cinetico luminoso (1962), Variabile + Quadrionda 130, Scacchiera nera (1964), +Rossonero- (1968) e Oggetto ottico-cinetico (1968-1969), (i primi due dotati di motore elettrico e dunque di un movimento connaturato all’opera stessa) rappresentano lo studio dell’artista sulla frammentazione della luce.
Conclusa l’esperienza del Gruppo T, Grazia Varisco prosegue il proprio percorso in autonomia, seguita da critici attenti come Ballo, Belloli e Dorfles, realizzando nel 1966 la sua prima mostra personale. Negli anni Settanta l’artista sperimenta la manipolazione libera della carta e del cartoncino e l’apertura programmatica all’azione perturbante del caso, mantenendo sempre al centro l’analisi dei meccanismi percettivi. Nascono serie fortunate come le Extrapagine e gli Extralibri: in mostra sono presenti quattro lavori come Meridiana 2 (1974), Extralibro (1975),
Spazio potenziale (1976) e Extrapagina “Spartito musicale” (1977).
Nella seconda metà degli anni Ottanta, la Varisco crea il ciclo Fraktur, con l’osservazione degli angoli di raccordo tra due o tre piani ortogonali e uno studio delle soglie e delle disarticolazioni.
In mostra troviamo Implicazioni B (1986), Incastro giallo (1987) e Fraktur – Ferro 1 (1997). E poi, degli anni Duemila, Quadri comunicanti (2008) e Filo rosso (2009).
La mostra si chiude con Silenzi (2006), articolazione di piani e vuoti prodotta dalla sovrapposizione di semplici telai: un altro salto concettuale per interpretare il mondo di un’artista visionaria e ad alto tasso di creatività.
Nata a Milano il 5 ottobre 1937 Grazia Varisco negli anni Sessanta è allieva di Achille Funi all’Accademia di Belle Arti di Brera. La sua ricerca artistica, dopo l’esperienza con il Gruppo T, prosegue in maniera autonoma svolgendo parallelamente attività di grafica per l’Ufficio Sviluppo della Rinascente, per la rivista «Abitare», per la Kartell (dal 1961 al 1967) e per il Piano intercomunale milanese (1962-1963).
Nel 1969 e nel 1973, in occasione di prolungati soggiorni negli Stati Uniti, incontra e frequenta artisti e docenti dei Departments of Fine Arts, intrattenendo rapporti che contribuiscono alla sua formazione.
Dal 1979-1980 si impegna nell’attività didattica e dal 1981 al 2007 è titolare della cattedra di Teoria della percezione all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Nel 2007, su segnalazione dell’Accademia di San Luca, riceve dal presidente Giorgio Napolitano il Premio nazionale Presidente della Repubblica per la scultura seguito nel 2018 dal Premio Feltrinelli per le Arti Visive conferitogli dall’Accademia dei Lincei. Sue opere figurano in musei e collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero dalla Collezione dell’Accademia di San Luca e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma al Museum of Modern Art di New York, solo per citarne alcuni.