Bizantini. Viaggio nella creatività di un Impero millenario

Il Museo Archeologico di Napoli ospita fino al 13 febbraio 2023 oltre 400 opere provenienti dalle collezioni del MANN e da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini

Antonietta Fulvio

NAPOLI. «Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il MANN una nuova tappa del percorso partito dai Longobardi verso una più completa identità del nostro stesso museo. Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l’impero, dopo la sottomissione a Roma, durato per sei secoli, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l’ Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il MANN è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”. Le parole di Paolo Giulierini, direttore del Mann, rendono perfettamente l’intento e la complessità della mostra “Bizantini” che dal 21 dicembre fino al prossimo 13 febbraio 2023 racconterà Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario.


Curata da Federico Marazzi (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) con la direzione scientifica di Paolo Giulierini, la mostra analizza le fasi storiche successive alla caduta dell’impero Romano d’Occidente, con un focus su Napoli e una particolare attenzione alla Grecia a all’Italia meridionale. Epigrafi ed iscrizioni greco cristiane, elementi architettonici con schemi compositivi e simboli della scultura bizantina, anfore che testimoniano floridi e costanti contatti con l’Oriente raccontano, infatti, il legame tra Bisanzio e Napoli che fu città “bizantina” dal 536, anno in cui la città fu conquistata dalle armate di Belisario, fino al 1137 quando, dopo la morte dell’ultimo duca Sergio VII, la città si consegnò al re di Sicilia, il normanno Ruggero II.
Oltre quattrocento le opere esposte provenienti dalle collezioni del MANN e da 33 musei italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro. La collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura fa sì che molti materiali sono visibili per la prima volta, diversi manufatti sono stati rinvenuti nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.


La struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità, le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa sono i temi indagati attraverso le quindici sezioni della mostra. Sotto la lente finiscono la creatività artistica, la cultura e l’immaginario dell’impero romano d’Oriente i cui abitanti si identificavano come Romèi, e chiamando l’impero Romània si consideravano gli unici veri eredi della tradizione di Roma. La definizione di “Impero bizantino” fu introdotta infatti nel 1557 dallo storico tedesco Hieronymus Wolf che in quell’anno stampò il libro Corpus Historiae By­zantinae. Di fatto l’impero Romano d’Oriente sopravvisse dieci secoli a quello d’Occidente che terminò con la deposizione di Romolo Augustolo nel 476 ad opera del barbaro Odoacre. La caduta di Roma ( e la progressiva decadenza del mondo romano) vide l’ascesa di Costantinopoli, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, che divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale del nuovo impero. Eraclio I, ne modificò la struttura, sostituendo il greco come lingua ufficiale al latino e assumendo il titolo imperiale di Basileus, in sostituzione del titolo di Augustus. Tra molte lotte, l’impero bizantino terminò nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani guidati da Maometto II, ma è indubbio che nei suoi dieci secoli di storia avesse contribuito alla formazione dell’Europa medievale e all’Umanesimo, lasciando un’eredità culturale profonda tanto nel successivo impero islamico quanto nei suoi ex territori, comprese alcune città e regioni d’Italia dove più profondo e duraturo fu il legame con l’Impero.
Particolarmente interessanti sono alcuni video che propongono anche una ricostruzione di Bisanzio nel momento del suo massimo splendore e grazie alle gigantografie realizzate con una grafica di effetto sono rievocati siti ortodossi, interni di chiese e monasteri, e i magnifici mosaici delle chiese ravennati e alcune opere iconiche inamovibili.
Il percorso si apre con l’esposizione nell’atrio del grande capitello del VII secolo, in marmo preconnesio proveniente da Costantinopoli, conservato al Museo archeologico Paolo Orsi di Siracusa . Su di esso campeggiano la croce e il chrismón, ossia il monogramma composto dalle lettere greche X (chi) e P (rho) del nome di Cristo suggeriscono come l’arte e la bellezza siano il principale veicolo che celebra il Suo trionfo.
Nel Salone della Meridiana si sviluppa il percorso che abbraccia la storia dei bizantini dal 330 al 1204, anno della quarta crociata, culminata nella conquista latina di Costantinopoli e momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero bizantino.
L’Impero d’Oriente, aveva raccolto l’eredità storica dell’Impero Romano.
In esso – spiegano i curatori – si amalgamarono alcuni aspetti tipici delle monarchie assolute orientali quale la sacralità dell’imperatore, i solidi princìpi organizzativi della struttura statale romana e la visione trascendente del Cristianesimo. Sculture e monete, soprattutto quelle provenienti dai Musei di Atene e Salonicco e nelle collezioni del MANN, presentano una galleria dei ritratti di imperatori: Teodosio, Giustiano, Basilio II, Giovanni II Comneno e altri ancora. La forza della Chiesa è rappresentata da splendidi manufatti come croci greche d’oro e d’argento, bolle, collane, encolpi, croci pettorali e pendenti (tra cui alcuni oggetti del Museo Nazionale Romano di particolare interesse, mai esposti prima) e i sigilli di autorità della Chiesa d’Oriente – da Fozio patriarca di Costantinopoli a Niceta arcivescovo di Salonicco.
Tra i tanti manufatti esposti: splendido il grande disco onorario (dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze) concesso dall’imperatrice Galla Placidia al potente generale Flavius Ardabur Aspar per i suoi meriti militari, il famoso elmo ostrogoto del Museo Abruzzo bizantino, il piatto d’argento con emblema figurato da Isola Rizza del Museo di Castelvecchio di Verona. Di gran pregio la gemma in onice con guerriero che caccia un cinghiale del IV secolo e il cammeo in diaspro rosso con San Demetrio della collezione Farnese (X secolo), entrambi appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Tra i preziosi gioielli, simbolo della raffinatezza e della maestria orafa bizantina, figurano diciassette gioielli aurei con gemme e pietre preziose formano, intrecciati, un magnifico accessorio d’abbigliamento del IV secolo concesso dall’Eforato delle Antichità di Salonicco, un preziosissimo alto bracciale in oro e smalto del IX – X secolo da Salonicco alcune gemme a soggetto cristiano prodotte a Venezia nel XIII secolo, inedite e custodite al MANN (raffiguranti soggetti canonici quali San Demetrio e i Sette dormienti di Efeso), e i famosi ‘Ori di Senise’ (seconda metà VII secolo), parte dei quali ricondotti dalla maggior parte della critica a maestranze costantinopolitane, testimoni del fecondo e continuo scambio con il bacino orientale del Mediterraneo.
A testimoniare lo spazio del sacro, sono nel Salone della Meridiana anche un pannello dipinto di due metri, con San Giorgio e San Nicola, e una bellissima icona di San Anastasia da Naxos; dalla Fabbrica di San Pietro, provenienti dall’oratorio dedicato al papa greco Giovanni VII, un mosaico con il suo ritratto (705 – 707) e uno con la Lavanda del Bambino.
Basi d’altare, calchi in gesso di transetti ravennati, straordinari capitelli, lastre di pulpito parti di sarcofagi e di iconostasi, ampolle ed epigrafi giungono dalla Grecia, da Ravenna, Cagliari, Siracusa, Agrigento, Torcello, Gaeta, Cortona; dai Musei Vaticani anche una lastra in marmo bianco in cui compaiono croci in rilievo e graffite e incisioni in armeno e in latino.
Quanto mai interessante la presenza di un nucleo di elementi architettonici appartenenti al cosiddetto relitto di Marzememi, una nave rinvenuta lungo la costa sud orientale della Sicilia, riferibile all’età di Giustiniano (527-565) e probabilmente proveniente da Costantinopoli con un carico destinato alla realizzazione di una chiesa nei territori bizantini d’Italia. Mentre, tra gli avori per gli arredi liturgici: le placchette dal Museo Medievale di Bologna – una con la “vestizione di Aronne e dei suoi figli”, l’altra con busti di santi – e la formella del XII secolo in arrivo dal Museo Nazionale di Ravenna, con la “dormizione della Vergine” nell’iconografia consolidatasi dopo il periodo iconoclasta.
Di notevole interesse anche la sezione dedicata alla scrittura e alla produzione libraria e documentaria. Grazie a Bisanzio tantissime opere della letteratura greca antica e della tradizione scientifica e filosofica sono state conservate e tramandate.
Eccezionali, tra le pregevoli opere esposte, i prestiti dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, da cui giungono un preziosissimo Teatravangelo greco della fine XI-inizi XII secolo, forse già nella biblioteca di Lorenzo il Magnifico – e una straordinaria miscellanea di testi medici e fisiatrici prodotta a Bisanzio nel X secolo. Dalla Grecia un incredibile Lezionario miniato della metà del XI secolo e un Rotolo con la divina liturgia di S.Giovanni Crisostomo, (XII/ XIII sec) dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene.
La mostra dedicata ai Bizantini mette in evidenza quanto l’Occidente aveva perduto con il crollo dell’Impero Romano: dalle tecniche artistiche e produttive ai modi di intendere l’estetica degli oggetti, gli scritti e i saperi, tutte cose che sarebbero state oggetto di una lentissima e faticosa riconquista nei secoli successivi al Mille. E non solo, il percorso espositivo mostra anche la complessa struttura di un Impero universale autocrate capace di tenere unita una società assolutamente multietnica e composita, la cui grandezza secondo le parole dello scrittore Robert Byron fu la sua «triplice fusione»: un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale, mistica.

Le foto dell’allestimento della mostra “Bizantini”, in corso al Mann sono della fotografa Valentina Cosentino ©