Diabolik ed Eva, eroi del crimine. Torna al cinema con Ginko

Sfogliando vecchi fumetti tra eroi ed eroine…

Raffaele Polo

All’inizio, non ci piacque. Noi cercavamo eroine disponibili e maggiorate, ci solleticava l’idea di andare il più vicino possibile a quella ‘natura’ che ci era preclusa da veti, censura e morale. Volevamo le storie con donne che soddisfacessero i desideri più che frustrati degli adolescenti degli anni Sessanta.

E ci offrivano, invece, un prodotto asettico e surreale, con un eroe invidiabile per il fisico e lo sguardo, padrone di un’auto favolosa e pressoché invincibile. E la sua donna era fedelissima e non disposta a quegli slanci passionali che si intuivano ma venivano castigati da un’assenza di disegno lodevolissima ma per noi troppo omissiva… E poi: saremmo mai usciti con una come Eva Kant, così algida e irraggiungibile? Neanche a pensarci, ma scherziamo?
Insomma, Diabolik ci incuteva un enorme rispetto, vedevamo in lui e nel suo mondo la rarefatta irrealtà di un sogno del quale non ci sentivamo partecipi. Che dire, poi, di Clerville? Non assomigliava in nulla alle città che eravamo abituati a incontrare nei film e nei romanzi, città con nebbie e rifiuti, centri storici martoriati, a Clerville il centro storico dove era?
Niente: molto più prosaicamente, come preferivamo Il grande Bleck e Capitan Miki a Tex, così ci andavano a genio tutti gli altri fumetti e fotoromanzi che fossero più vicini ad una immaginazione usa-e-getta fatta di bellone procaci e con trame evanescenti…
Col passare del tempo, abbiamo cominciato a capire che esisteva una vera e propria ‘fenomenologia’ di Diabolik, non come quella esplicitata da Umberto Eco per Mike Bongiorno ma, al contrario, racchiusa in un prezioso dono che le sorelle Giussani ci lasciavano in edicola, con cadenza sistematica. Ci è entrata nella consuetudine introspettiva quella serie di figure dalle linee precise e dalla esplicativa funzione scenica del bianco e nero, trattato con una tale maestria da diventare, ben presto, una icona inimitabile. Ci ha affascinato la pesante leggerezza con cui i protagonisti (Eva è, col tempo, cresciuta al ruolo di co-protagonista, confermando la voluta monogamia dell’eroe maschile, che ha occhi solo per lei…) si liberano di tutti gli ostacoli per condurre in porto il piano criminoso del momento…
Oddio, criminoso non più di tanto: giustificato in ogni modo con alibi che ci fanno sentire meno colpevoli perché siamo chiaramente dalla parte di chi infrange la Legge. Quella legge che, per noi cresciuti con l’imperturbabile volto di Perry Mason e la pipa di Maigret, avevamo imparato a dover rispettare ad ogni costo. Con Diabolik, invece, siamo dalla sua parte, e vediamo con piacere la sconfitta di Ginko, forse l’unico ispettore, nella storia del crimine a fumetti, a far bella figura pur essendo l’eterno sconfitto.
Insomma, Diabolik ci è entrato dentro e rimane, solidamente, a riempire l’archivio dei nostri preferiti, assieme a Topolino, alle Figurine Panini e all’immortale Settimana Enigmistica.
E se il primo film tratto dalle sue avventure ci è sembrato un insulto alla sua figura, andremo a vedere anche questo che viene presentato proprio sotto Natale, una incongruenza, a pensarci bene, mettere Diabolik nel Presepe assieme ai tanti Babbi Natali, ci sembra veramente assurdo.
O no?