Centopietre. Quel che resta dell’antica Vereto

A Patù il monumento nazionale testimonianza della civiltà messapica

Raffaele Polo

Sembra incredibile, ma poco o nulla sappiamo dei Messapi, dei nostri progenitori che si insediarono nel Salento tanto tempo fa e dei quali una misteriosa aura di magica tradizione nasconde ancora molte delle loro prerogative. Per certi versi, i Messapi sono come i Dinosauri: a un certo punto, sono spariti, lasciando solo una grande curiosità su quella che fu la loro tangibile cultura. Se, del resto, ne parliamo ancora adesso, vuol dire che i segni sono ancora evidenti… La ‘capitale’ dei Messapi era Vereto.

E di questa città, posta su un altipiano a dominare il territorio, fino alle splendide baie di San Gregorio, non è rimasto praticamente nulla: accuratamente distrutta dai ‘saraceni’ (tanto per cambiare) sono presenti solo tante leggende e molto materiale di risulta, proveniente dalle sue mura e utilizzato nei secoli successivi. Adesso che Vereto non c’è più, c’è però Patù, che già nella etimologia del suo nome nasconde il dolore per le traversie storiche occorse alla sua antica popolazione. E lo stemma di Patù raffigura un gatto che ha in bocca un topo… In quella zona, infatti, proprio a ridosso di Vereto, vi erano i capienti depositi alimentari dei Messapi, granaglie e riserve commestibili che erano intuibilmente ambite dalle moltitudini di roditori che potevano essere affrontati solo con l’ausilio degli amici gatti… Pensateci: un’intera cultura, ricchissima di storia e di splendide affermazioni, ridotta a sopravvivere grazie ai gatti, in lotta coi topi… Ma, esempio più unico che raro, c’è una valida testimonianza di quello che furono i Messapi, di quello che è rimasto di Vereto: è la Centopietre che resiste ancora, nonostante i danni notevoli causati dalle intemperie e da quella tradizionale incuria che noi salentini abbiamo, connaturata nel nostro DNA e che ci fa trascurare proprio le cose più importanti per noi e per la nostra storia.


Storicamente accettata e classificata come ‘monumento nazionale di seconda classe’ nel 1873 ad opera dell’illustre galatinese Pietro Cavoti, la costruzione deve il suo nome alle numerose pietre e lastroni che ne hanno fatto, sin dall’inizio, una sorta di mausoleo, un luogo di sepoltura, realizzato soprattutto con materiale di risulta proveniente dalla distrutta Vereto (e le leggende fioriscono: si narra che siano state proprio le donne a trasportare ‘cento pietre’ per la bisogna. Si vocifera di una fanciulla uccisa dai saraceni con cento colpi e, naturalmente, si indica la ‘dedica’ di questo edificio al Barone Geminiano, trucidato dai saraceni quando era in missione di pace, prima del conflitto…).
Decisamente misteriosa la figura di questo condottiero che la storia colloca nel corso del IX secolo, quando Vereto subiva continui attacchi da parte dei Saraceni che volevano a tutti i costi attestarsi sul Capo S. Maria di Leuca e da qui continuare l’occupazione dell’intero Salento. In aiuto di Vereto giunse un grosso esercito inviato dal re di Francia Carlo il Calvo. Alla vigilia di un terribile scontro tra Cristiani e Saraceni, che avevano preso posizione nella piana di Campo Re ai piedi della collina di Vereto, dai Cristiani venne inviato il Cavaliere Geminiano come messaggero di pace presso il campo nemico; qui il nobile cristiano venne barbaramente trucidato, scatenando così la famosa battaglia del mitico 24 giugno 877, giorno appunto dedicato a S. Giovanni Battista. In questo scontro i Cristiani ebbero la meglio e riuscirono a strappare ai Saraceni il Corpo dell’infelice Geminiano. La Centopietre, così, sarebbe stata costruita in quell’occasione per dare degna sepoltura al martire cristiano.
Si mescolano miti e tradizioni che investono parecchi secoli: la ‘Centopietre’ cambia infatti carattere e alcuni secoli dopo, tra il XIII e il XIV secolo, l’heroon è stato trasformato in thémenos cristiano, luogo di preghiera e di meditazione. A questi stessi secoli risalgono gli affreschi in stile bizantino eseguiti sulla parete interna ovest e dei quali ormai restano solo pallide tracce. Alla Pro Loco di Patù i gentili ed eruditi soci riassumono così gli interventi che si sono succeduti su questo monumento:
“Lungo la parete sud del monumento,inizialmente sigillato,fu aperto a forza un ingresso. Per i contraccolpi della spina centrale tutta la parete sud si inclinò verso l’esterno dove l’architrave non ha contrasto, per cui fu necessario puntellare gli architravi con dei pilastrini. Anche la parete nord si inclinò verso l’esterno e venne aggiunto un altro pilastrino. Inoltre venne rafforzata l’apertura con blocchi. A questo punto, dato il rischio di crollo e siccome la parete est risulta di spessore inferiore alle altre, viene costruito un secondo muro all’esterno del primo senza che il tetto possa coprire il muro e l’intercapedine riempita di pietre a secco. Le pareti interne vennero ricoperte con un primo strato di intonaco tinteggiato di colore rosa. Un secondo strato d’intonaco fu accuratamente lisciato e completamente dipinto. Il soffitto, l’architrave e le due colonne non ebbero un primo strato di intonaco; le colonne furono rivestite da un rudimentale stucco in modo da sembrare approssimativamente scanalate. La Centopietre è stata intonacata almeno tre volte. In epoca successiva fu aperta la porta lungo la parete est fronte alla chiesa di “San Giovanni”, modellata con regolari battenti predisposti per un infisso di legno. Lo zoccolo non fu manomesso tanto che oggi è evidentissima l’usura della pietra in conseguenza del transito.
Nel frattempo, la ‘Centopietre’ cominciò ad essere frequentata come cappella cristiana da monaci basiliani ed altri ordini cristiani.
Altri piccoli e grandi misteri si verificano attorno a questo monumento: il più famoso dilemma riguarda il numero delle pietre utilizzate per la costruzione. Pare, infatti, che ad ogni conteggio sortisca un risultato diverso, anche se la più comune somma calcolata sia di 99 pietre.
Ma il nome non cambia e il misterioso monumento non rivela neppure completamente i pregevoli dipinti che, al suo interno, vanno inesorabilmente scomparendo. E i fedeli continuano a venerare Geminiano come santo che ha sconfitto gli infedeli. Idea poi non così lontana dalla realtà…