l’Italia è un desiderio. fotografie Paesaggi e visioni

Fino al 3 settembre in mostra alle Scuderie del Quirinale oltre 600 fotografie provenienti dalle collezioni Alinari e Mufoco

Antonietta Fuvio

ROMA. La rarefatta visione di Capri sospesa sul Tirreno, fotografata da Francesco Iodice, la lava infuocata ritratta da The Cool Couple, Piazzetta di San Marco in una stampa del 1910 dello Stabilimento Giacomo Brogi, l’isola di San Pietro in Sardegna di Vittorio Alinari o ancora il Paesaggio nel volterrano fotografato negli anni Cinquanta da Vincenzo Balocchi sono tra le immagini di una mostra, allestita alle Scuderie del Quirinale, da visitare assolutamente (c’è tempo fino al 3 settembre). L’Italia è un desiderio. Fotografie, Paesaggi e Visioni (1842-2022). Le Collezioni Alinari e Mufoco è il titolo dell’esposizione che comprende una selezione di oltre seicento foto realizzate dalla metà del XIX secolo fino ai giorni nostri valorizzando tanto la fotografia storica che quella contemporanea.

Filo rosso è il racconto del paesaggio italiano come elemento identitario attraverso il ricco patrimonio fotografico di due prestigiose istituzioni, la Fondazione Alinari per la Fotografia e il Museo di Fotografia Contemporanea. Strutturata secondo un percorso cronologico, al primo piano delle Scuderie del Quirinale trovano posto le fotografie appartenenti agli Archivi Alinari mentre al secondo piano le opere delle collezioni del Mufoco.
La storia della fotografia inizia con Louis Jacques Mandé Daguerre, inventore della dagherrotipia, che il 2 gennaio 1839 riuscì a fotografare la luna. La notizia si diffuse rapidamente così come l’utilizzo dei primi apparecchi fotografici destinati a raccontare la storia del mondo. I primi dagherrotipi che riguardano il nostro Bel Paese ripercorrono i luoghi del mito, già meta del Gran Tour; il racconto visivo procede dunque con la presentazione di numerose opere di autori come Girault de Prangey, Calvert Richard Jones, Frédéric Flachéron, Giacomo Caneva. Attraverso lo scorrere del secolo e l’evoluzione delle modalità tecniche di rappresentazione delle mete italiane più desiderate, si forma l’immaginario fotografico del Bel Paese.


Un approfondimento sulla ricerca e sulla continua sperimentazione della fotografia tra Ottocento e Novecento è presentato nella sezione dedicata a “negativi e trasparenze”: negativi in carta, in lastra di vetro, diapositive colorate a mano e autocromie. Le opere sono di grandi autori come “il servizio” sulle rovine dopo la battaglia della Repubblica Romana del 1849 di Frédéric Flachéron, due negativi in lastra di vetro 30 x 40 cm di Wilhelm von Gloeden, mai esposti prima, le diapositive di paesaggio e fenomeni naturali colorate a mano da Giorgio Roster che si cimenta nel primo procedimento fotografico a colori d’inizio Novecento, l’autocromia, di cui in esposizione troviamo anche tre paesaggi del nord Italia, del fotografo francese Henrie Chouanard.
Il percorso continua con l’esposizione delle immagini di autori come Vittorio Alinari e Wilhelm von Gloeden impegnati ad affermare la fotografia come strumento artistico fino ad arrivare alle foto tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta del Novecento, con le opere di Vincenzo Balocchi e Luciano Ferri, Alberto Lattuada, di Fosco Maraini dal cui archivio, conservato al Gabinetto Vieusseux e gestito da Alinari, sono stati selezionati scatti che evidenziano l’amore per la montagna e il paesaggio del sud Italia connotati da una precisa visione antropologica.
La produzione fotografica dei Fratelli Alinari è presente con opere del fondatore Leopoldo e della successiva gestione dei fratelli Giuseppe e Romualdo, e poi dal 1890 con la direzione di Vittorio Alinari. Doverose due parole sulla Fondazione Alinari per la Fotografia creata nel 2020 dalla Regione Toscana per conservare e valorizzare gli Archivi Alinari, fondati dai fratelli Alinari nel 1852, che con i suoi 5.000.000 pezzi, raccolti tra archivi e collezioni, è uno dei maggiori giacimenti italiani di documentazione fotografica. Un patrimonio di immagini arricchito anche da documenti, una biblioteca specializzata, apparecchiature e attrezzature storiche da atelier con un archivio fruibile e accessibile attraverso il sito online.
Il rapporto diretto con la realtà, che chiude il primo piano attraverso un linguaggio e una scelta di temi ancora parzialmente lirici e sospesi, irrompe al secondo piano della mostra con una serie di sguardi, vere e proprie testimonianze in tempo reale delle trasformazioni che hanno segnato l’Italia a partire dall’immediato dopoguerra.
Si tratta di opere dei principali autori della fotografia italiana e internazionale dagli anni Cinquanta al primo ventennio dei Duemila provenienti dalle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea (1952-2022). Nato nel 2004 a Cinisello Balsamo (Milano) Il Mufoco infatti conserva un patrimonio fotografico di due milioni di immagini organizzate in quarantadue fondi fotografici che spaziano per temi dal ritratto, al paesaggio, al reportage, alla fotografia di ricerca artistica.
Avanzando lungo il percorso si passa dal paesaggio come scenario della narrazione sociale e politica che caratterizza la stagione del reportage (Letizia Battaglia, Carla Cerati, Uliano Lucas, Federico Patellani) alle sperimentazioni concettuali degli anni settanta (Mario Cresci, Franco Fontana, Mario Giacomelli). fino ad arrivare ad uno dei fiori all’occhiello di questa sezione, l’esperienza di Viaggio in Italia, in cui Luigi Ghirri raccoglie una serie di ricerche che rivolgono lo sguardo verso luoghi spesso marginali, quotidiani e anti-spettacolari e che diventano il manifesto di una nuova fotografia italiana (Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte, Guido Guidi). Nella tensione tra racconto dei luoghi ed esperienza estetica la fotografia arriva al nuovo millennio con stampe spettacolari di grandi dimensioni e nuovi linguaggi (Paola De Pietri, Fischli and Weiss, Francesco Jodice, Massimo Vitali, Thomas Struth), fino a espandere l’idea stessa di documentazione e – nelle ricerche degli autori più giovani – aprirsi a oggetti, pratiche e tecnologie proprie dell’universo visuale e artistico contemporaneo.
Infine, nella fotografia strettamente contemporanea si ritrovano a convivere gli approcci più classici – la ripresa con il banco ottico, il panorama, un rinnovato interesse per il bianco e nero – e le ricerche più sperimentali. Dal punto di vista installativo, la fotografia abbandona le pareti e si espande nello spazio espositivo. I linguaggi legati alla realtà e alla documentazione si ibridano non soltanto con la post-produzione digitale ma anche con l’immagine di sintesi completamente prodotta dalla tecnologia, quali modellazione 3D e l’intelligenza arti ciale.
«Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà̀ mai più ripetersi esistenzialmente.»
La citazione di Roland Barthes, (La camera chiara. Nota sulla fotografia) come ricorda nel suo saggio l’architetto Mario Botta «sottolinea l’unicità dell’istante che caratterizza l’opera fotografica e, nel contempo, evidenzia un “territorio di memoria” proprio di questa forma espressiva.» Ma se da un lato – come ricorda lo storico Claudio Strinati – la fotografia restituisce soprattutto l’approccio emotivo e l’emotività genera il desiderio e il rimpianto, è pur vero che la fotografia indaga e documenta le trasformazioni del paesaggio antropico come spiega lo stesso Botta: «C’è̀ un netto contrasto tra l’evoluzione urbana nel secondo dopoguerra, così efficacemente documentata dalle immagini della Fondazione Alinari e di MUSOCCO (basti pensare alle fotografie di Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Mimmo Jodice, Gianni Berengo Gardin, Mario Giacomelli, Alberto Lattuada), e la realtà odierna, che ci parla di una città orfana di modelli o alla quale ne sono stati imposti di totalmente estranei al vivere collettivo, con tipologie edilizie che mirano unicamente al massimo profitto. Gli spazi di aggregazione propri della città storica – piazze e slarghi, viali e parchi, sagrati e chiese – sono praticamente scomparsi dai programmi delle nuove urbanizzazioni. La città è sempre stata un intreccio fra il vivere privato e lo spazio comune, e tale dovrebbe tornare a essere, altrimenti è destinata a soccombere, disgregata dalle sue stesse polarizzazioni.»
L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni 1842 – 2022 Le collezioni Alinari e Mufoco
Via XXIV Maggio 16 – 00187 ROMA
E-mail: info@scuderiequirinale.it
tel 02.92897722