La demologia come scienza normale?
A Matera dal 19 al 21 giugno 2014. Università della Basilicata – Dipartimento della Culture europee e del Mediterraneo – via S. Rocco – Aula Sassu
Convegno di studi a Matera
Ricordando la figura di Alberto Mario Cirese
Per l’antropologia culturale e la demologia italiana, la città di Matera è stata, almeno a partire dal secondo dopoguerra, un punto di riferimento cruciale. Nel tempo, si è dimostrata capace di dialogare, reagire, e trarre vantaggio dalle spinte trasformative portate dalle molteplici ‘letture’ che riceve dai suoi ‘ospiti’ (oltre agli antropologi, importanti artisti nazionali e internazionali, enti transnazionali per la valorizzazione del patrimonio culturale, studiosi e professionisti di varie discipline).
L’iniziativa che il Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM) dell’Università della Basilicata ha in programma per il prossimo giugno – e che ruota attorno al lavoro dell’antropologo italiano Alberto Mario Cirese e alle sue eredità per il presente ed il futuro degli studi – rappresenta un nuovo contributo a questa storia di fertili condizionamenti reciproci tra il mondo degli antropologi dell’accademia e il tessuto sociale di questa città.
Nel 1955, Matera ospitò il convegno organizzato dal Partito Socialista intorno alla figura e l’opera di Rocco Scotellaro, poeta, uomo politico e intellettuale lucano che tanto ha influenzato e incide tutt’ora sulla riflessione degli antropologi e i demologi italiani. Si trattò di un evento cruciale nel dibattito sulla “questione meridionale”, di un’occasione di confronto e di dibattito politico-culturale che vide la partecipazione di Carlo Levi, Franco Fortini, Manlio Rossi-Doria e numerosi uomini politici. Tra gli studiosi, era presente anche Alberto Mario Cirese, che fu uno dei protagonisti del dibattito scientifico sul mondo contadino.
{AG rootFolder=”/images/sampledata/” thumbWidth=”200″ thumbHeight=”120″ thumbAutoSize=”none” arrange=”priority” backgroundColor=”ffffff” foregroundColor=”808080″ highliteColor=”fea804″ frame_width=”500″ frame_height=”300″ newImageTag=”1″ newImageTag_days=”7″ paginUse=”1″ paginImagesPerGallery=”10″ albumUse=”1″ showSignature=”1″ plainTextCaptions=”1″ ignoreError=”1″ ignoreAllError=”0″ template=”carousel_big” popupEngine=”slimbox”}unibasilicata{/AG}Ulteriori riflessioni sull’eredità contemporanea di quel dibattito sono urgenti, date le nuove sfide che i nostri territori si trovano ad affrontare. Molti antropologi italiani sono convinti della necessità di creare diffuse sinergie tra l’attualizzazione di questo dibattito e gli sforzi oggi doverosi per la salvaguardia e la promozione della biodiversità, della qualità dei prodotti agricoli e artigianali lucani e italiani e di rapporti sostenibili tra società umane ed ambiente naturale.
Matera, per la storia dei dibattiti che ha ospitato e delle trasformazioni di cui è testimonianza, è uno dei luoghi più capaci di farsi simbolo di questa sinergia e della proposta di nuovi futuri costruiti a partire dalla ‘terra’: destinazione per eccellenza di un turismo di tipo ‘culturale’, ancora una volta accoglie prestigiosi ospiti intenzionati a farne bandiera di un futuro che non dimentichi e piuttosto rilanci le risorse dei paesaggi (agricoli, culturali, artigianali, artistici…) locali come fonte di sviluppo economico e sociale.
Per questi motivi, questa città vuole ospitare il convegno in oggetto, che costituisce il terzo e conclusivo appuntamento sul tema dopo le iniziative ospitate dalle Università di Firenze e Cagliari nel corso del mese di dicembre 2013.
Oltre quarant’anni fa usciva Cultura egemonica e culture subalterne (CECS) di A.M. Cirese: un manuale su cui si sono formate intere generazioni e, ancor più, un testo programmatico, che tentava di fondare la demologia come scienza autonoma e “normale”. La nuova disciplina, nella visione di Cirese, doveva riassorbire la tradizione storica del folklorismo, integrandola tuttavia con i più aggiornati indirizzi teorici delle scienze sociali; in particolare, doveva poggiare su una ridefinizione dell’oggetto di studio a partire dalle categorie gramsciane di egemonia e subalternità. Riflettere su quel momento di “fondazione” sembra indispensabile oggi, in un momento di forte crisi identitaria della demologia: la quale, pur conservando traccia nella denominazione del settore scientifico-disciplinare DEA, ha difficoltà a definirsi nei termini di oggetti, confini e metodi peculiari. Le riflessioni che proponiamo in questo convegno si articolano in tre grandi tematiche, corrispondenti ad altrettante sessioni, a cui se ne aggiungerà una quarta dedicata a “Memorie, immagini, testimonianze”.
Strutturazione del Convegno:
Prima sessione – CECS e la normalizzazione della demologia.
La prima sessione intende analizzare CECS in chiave di storia degli studi. Quali orientamenti e influssi teorici si addensano nella demologia di Cirese? Possiamo riconoscere almeno quattro grandi insiemi di fonti: a) gli studi di ispirazione filologica e letteraria, riconoscibili lungo la linea cronologicamente segnata da studiosi come Nigra, Barbi, Vidossi, Santoli, Bronzini; b) i tentativi di fondare una disciplina autonoma e nazionale, per via soprattutto empirica, ricorrendo anche a strumenti quali riviste, collane, manuali, mostre, individuabili nell’attività di studiosi quali Pitrè, Loria, Toschi; c) gli approcci di tipo socio-culturale che trovavano la loro matrice teorica nelle Osservazioni sul folclore di Gramsci, la loro maggiore applicazione nelle indagini sul campo e nella elaborazione concettuale di De Martino e un loro ulteriore riferimento nelle ricerche militanti, dentro e fuori il contesto accademico, degli anni Sessanta e Settanta; d) gli influssi che negli studi italiani erano stati esercitati da scuole e orientamenti internazionali quali, solo per fare qualche esempio, il comparativismo – evoluzionistico e diffusionistico – tardo ottocentesco, la linguistica saussuriana, il funzionalismo folklorico di Van Gennep o Marinus, lo strutturalismo di Lévi-Strauss, e altri ancora. In che misura si amalgamano tutti questi riferimenti? Prevale la continuità o la discontinuità rispetto alla tradizione folklorica? In che modo la prospettiva “presentista” porta Cirese (nella parte A del volume), a leggere la storia degli studi italiani?
Seconda sessione – Quali prospettive per gli studi sulla cultura popolare in Italia?
Questa sessione si interroga sulle prospettive attuali della demologia – o comunque degli studi sulla cultura popolare in Italia. La tradizione di studi che Cirese raccolse e innovò con CECS ha ancora una forza conoscitiva? Quella ‘scienza normale’ che identificava con la ‘demologia’ è ancora produttiva nell’ambito degli studi DEA? Il problema si può porre in molti modi. Se il fulcro della demologia era una peculiare demarcazione dell’oggetto di studio su basi gramsciane, dovremmo chiederci in quali fenomeni culturali si possa oggi esplorare la relazione fra egemonico e subalterno.
Dentro la tradizione ciresiana, un tentativo di risposta si trova già in un volume come Oltre il folklore, con una forte apertura agli studi europei e a nuovi oggetti di studio. A loro modo gli studi sulla museografia e il patrimonio, vivacissimi in Italia, sono un’altra modalità di continuazione di quei temi. Più in generale, e al di là degli interessi dello stesso Cirese, si pone invece il problema dei rapporti tra differenze sociali e culturali nell’ambito della cultura di massa, dei contesti urbani e tecnologici, delle forme della vita quotidiana. In questo campo è necessario confrontarsi con approcci teorici e di ricerca che finora hanno dialogato poco con la demologia, e con varie scuole internazionali che hanno sviluppato lo studio della cultura popolare ben oltre i limiti della folkloristica classica. A ciò si collega anche un problema metodologico. CECS (soprattutto nella parte B) proponeva un quadro della ricerca empirica ampio e articolato, su cui è utile tornare a ragionare oggi, in un contesto di superamento del paradigma del fieldwork classico.
Terza Sessione – Esiste una cultura subalterna? Percorsi post-gramsciani
Ripensare oggi le basi della demologia significa anche interrogarsi sugli usi dei concetti di “cultura egemonica” e “culture subalterne” che i dibattiti internazionali hanno proposto dagli anni ’70 in poi. Si tratta di percorsi complessi che attraversano discipline e orientamenti diversi. Il filone che si ricollega più esplicitamente al pensiero gramsciano è probabilmente quello dei Subaltern studies indiani, confluito poi nel vasto caleidoscopio del pensiero postcoloniale. La questione posta dalla celebre domanda di Spivak – “can the subaltern speak?” – si è articolata in molteplici ambiti disciplinari come la storia, la letteratura comparata, gli studi culturali e quelli di genere. Se la demologia ha insistito sulla relativa autonomia di una cultura subalterna rispetto a quella egemonica, tali indirizzi hanno invece sottolineato la inscindibilità dei due livelli – vale a dire la costituzione egemonica della stessa soggettività del subalterno, da un lato, e dall’altro l’insinuarsi di forme di resistenza nelle pratiche dominanti. La cristallizzazione storica di forme culturali subalterne, documentabili antropologicamente (in un senso più prossimo alla demologia), ha caratterizzato invece i cultural studies britannici (ad esempio con i lavori sulle subculture) e i dibattiti latino-americani sui contesti indigeni e contadini (in particolare nel lavoro di N. G. Canclini). Ripercorrere questi scenari di ricerca e di teoria sembra essenziale per aggiornare e ricostruire quella tradizione gramsciana che in Italia è sembrata troppo bruscamente interrompersi.
(fonte: comunicato stampa)
Comitato Scientifico:
Pietro Clemente (Presidente), Fabio Dei, Francesco Marano, Ferdinando Mirizzi, Eugenio Testa
Comitato Organizzatore:
Antonio Fanelli, Sandra Ferracuti, Emanuela Rossi, Vita Santoro
Segreteria organizzativa:
Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM) – Università della Basilicata
Via S. Rocco 3 – 75100 Matera
Vita Santoro tel:+39 3404015433; e-mail: vita.santoro@unibas.it;
Sandra Ferracuti tel: +39 3283361334, e-mail: sandra.ferracuti@unibas.it