Gli inchiostri di Spagnolo

Una mostra, un libro. Violence – da una strage all’altra.

Con la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l’odio. La violenza aumenta l’odio e nient’altro”. La citazione di Martin Luther King si presta ad inquadrare perfettamente l’ultimo progetto artistico che Rosario Francesco Spagnolo ha voluto intitolare “Violence”. Una parola inquietante. Orrore puro che nega la vita e le lezioni della Storia.  Un tema forte, non v’è dubbio, e  tristemente attuale. E, ancor più emblematico,  il sottotitolo “da una strage all’altra” che suggerisce immediatamente il soggetto dell’indagine pittorica, un lungo exursus temporale che focalizza lo sguardo dell’artista sulle tragedie che hanno contraddistinto l’intero Novecento.

Scandito dalle più importanti rivoluzioni tecnologiche, il Novecento fu densissimo di avvenimenti destinati a segnare profondamente la geografia del mondo e il destino dell’Umanità. E pensare che, sul filo della Belle Èpoque, proiezione di un sogno di felicità e di benessere raggiungibile, il XIX secolo si aprì con la grande Esposizione di Parigi, l’ultima ad essere nominata “universale”. Ed universale era l’intento celebrativo, indirizzato alle conquiste dell’Uomo in tutti i campi, nella Scienza, nella Cultura, nell’Arte come indicava  esplicitamente il sottotitolo Le bilan d’un siècle.

La Tour Eiffel, costruita per l’Esposizione Universale del 1889 in occasione del centenario della Rivoluzione francese divenne, per certi versi, il simbolo  della creatività umana di quel suo costruire, sfidando le leggi della natura, elevandosi fin verso il cielo se pur con una complicatissima struttura in ferro, materiale pesante per antonomasia ma reso paradossalmente leggero nel suo affascinante verticalismo.

Non a caso, tra le ultime opere di “Violence” ce n’è una che rappresenta l’imponente icona di Parigi contestualizzandola in uno scenario ben lontano dall’immagine della Ville lumière: in alto la luna bianca è l’unica fonte di luce in uno sfondo che si fa cupo nel forte contrasto rosso-nero. Il rosso è simile a scie di sangue, quasi a contrapporre la duplicità della natura umana, la mitezza e la violenza, l’agire positivo che è a monte della costruzione e l’esatto negativo che è distruzione, annichilimento. Un aspetto già indagato nella storia dell’arte, esemplare è in tal senso la pittura di Hieronymus Bosch che dipingendo i suoi demoni, metà umani e metà animali, aveva posto la questione della rappresentazione del lato diabolico dell’uomo. E vi è forse qualcosa di più diabolico della violenza che è sempre sopraffazione e danno irreparabile?

Le due Guerre mondiali, entrambe con il loro carico di orrore e di morte, sconvolsero la prima metà del Novecento spezzando vite e confini; ed è a metà tra i due eventi bellici, nel 1937, che si colloca uno dei massimi capolavori del secolo, la “Guernica” di Picasso, diventando simbolo del dolore universale di fronte alla violenza e alla morte. L’arte diventa voce, testimone con la potenza delle sue immagini dei drammi del mondo. Quando di lì a poco in Germania Hitler prenderà il potere, la sua prima azione sarà quella di distruggere le opere d’arte, perseguitare gli artisti, i letterati, i giornalisti che si opponevano al regime.

 

 

Ricordando la lezione del “Bauhaus” secondo cui “l’artista non doveva essere isolato e avulso dalla società in cui vive, ma deve svolgere una funzione educativa e trainante”, Rosario Francesco Spagnolo affronta con il suo stile  – e la potenza dei suoi inchiostri – il tema della violenza, ricordando la immane tragedia della Shoah e quella delle Foibe.

Il suo sguardo critico si ferma ad analizzare anche gli eventi che hanno scritto la storia del nostro Paese  portando su tela la violenza che la politica stragista, all’indomani del ’68, seminò da nord a sud nei più disparati angoli della penisola.

Un tristissimo quanto assurdo denominatore comune, la violenza appunto, che riduce ai minimi termini il buonsenso, il rispetto per l’altro, le leggi della convivenza pacifica e della condivisione delle idee.

Sull’onda di queste considerazioni, Rosario Francesco Spagnolo ha realizzato questa serie di tele, interrogandosi sul valore della memoria. L’incontro con la letteratura, motivo ricorrente della sua pittura, lo porta ad intersecare i suoi dipinti con  le pagine del  romanzo “La bisettrice dell’anima” di Loreta Failoni, docente di matematica alla sua prima prova letteraria. Un romanzo che ripercorre attraverso le vicende di Anne Durand, ebrea parigina, la Shoah, la tragedia della guerra ma anche il coraggio di continuare, nonostante tutto, a sopravvivere all’indomani della liberazione quando giunge il tempo della ricostruzione.

Ancor oggi il ricordo della Shoah rimanda il pensiero immediatamente alle cifre impresse a fuoco sulla pelle degli ebrei, deportati nei campi di concentramento, ai numeri di quelli che persero la vita nei forni crematoi e nelle camere a gas, a quello dei soldati e dei partigiani che morirono al fronte, dei civili deceduti sotto i bombardamenti…

I numeri caratterizzano l’intera narrazione: dati e date, statistiche e rapporti che l’autrice, sin dalla prima pagina, utilizza per raccontare la Shoah dal punto di vista di Anne, e prima ancora, nel prologo, la condizione di David Sanson, nonno di Anne, prigioniero in attesa di essere giustiziato;  il suo numero è “167428”   rappresenta ciò che era divenuto il suo stato: un illustre matematico che aveva passato una vita tra i numeri “ridotto” a un numero. Eppure lucido, fino alla fine, David trova nella forza della nobile scienza il coraggio di sopportare la lunga agonia della prigionia che termina con una doccia. E sarà la stessa scienza a dare ad Anne non solo la forza di continuare la sua vita messa così a dura prova ma anche a svelarle l’essenza. La scoperta della forza dell’amore al di là di ogni logica e della razionalità come possibilità di restituire un ordine alle situazioni più ingarbugliate. Di costruire sopra le macerie dell’anima.

Il numero è nell’arte come nella scienza. L’algebra è nell’astronomia e l’astronomia confina con la poesia. L’anima dell’uomo ha tre chiavi che aprono tutto: la cifra, la lettera, la nota. Sapere, pensare, sognare”  questa splendida citazione di Victor Hugo, che si legge nel romanzo, attraversa anche l’opera pittorica di Spagnolo che riesce a  collocare all’interno delle sue composizioni cifre, lettere e note musicali esaltandone il valore simbolico,  rileggendo intensamente il romanzo per immagini.

Un leit-motiv, si diceva il rapporto con la letteratura, da oltre quarant’anni, egli coniuga nell’alchimia dei suoi inchiostri l’amore per la sua terra, per la letteratura e la storia.  Il rimando immediato va ai lavori che hanno segnato la sua attività artistica, da Cosmogonia a Danteide all’Uliade dove alla rielaborazione del mito greco sono succedute quelle dedicate alla Divina Commedia e ai grandi poemi omerici, quest’ultimi celebrati attraverso l’antropomorfismo degli alberi d’ulivo, elementi iconografici della terra di Puglia.  Un legame con la propria terra che è anche spasmodica ricerca di comprensione della Storia passata e recente. In tal senso la  sua indagine pittorica sul tema della violenza non poteva non attraversare i cosiddetti anni di piombo, le stragi di matrice politica che sconvolsero il nostro paese seminando il terrore. Piazza Fontana, Piazza della Loggia, San Benedetto Val di Sambro, Ustica, Capaci… sono luoghi tristemente noti per gli episodi gravissimi di un passato recente che è ancora tutto da comprendere.

La rievocazione di quei tragici avvenimenti avviene nel pur limitato spazio pittorico, nei volumi individuati dagli inchiostri che in queste opere si colorano dei toni più cupi, dal rosso violento al nero, evocazione del buio che avvolge oscurando la razionalità e uccidendo la speranza. Corpi ammassati che ricordano l’orrore dei campi di concentramento o le fila verso le camere a gas, un pensiero che fa ancora oggi rabbrividire. L’autostrada squarciata dal tritolo, le ali spezzate del DC9, le rotaie divelte dell’Italicus… la violenza resta tale al di là dei rapporti numerici… la condanna alle tragedie della Storia è unanime, sia che si tratti dei tanti corpi gettati nelle fosse carsiche, sia dei milioni di ebrei fatti ardere nei forni crematoi… sia degli uomini che insieme al giudice Giovanni Falcone persero la vita quel maledetto 23 maggio 1992, una strage quella di Capaci che resta tra i più terribili agguati di mafia che hanno insanguinato l’Italia.

Non certamente paragonabili per dinamiche, cause ed effetti ma sul piano etico si tratta di rintracciare per tutti questi tragici eventi un unico seme, la potenza distruttrice della violenza. La figurazione, al di là dell’aspetto rievocativo, vuole suscitare una reazione dura nello spettatore  allontanando la possibilità di una qualunque imitazione o emulazione.

Con le sue opere Rosario Francesco Spagnolo riesce a sintetizzare concetti e riflessioni  riduce la Storia in fotogrammi che fanno parte della memoria collettiva.

L’arte ricostruisce l’identità e la memoria.

Una memoria che va alimentata per non dimenticare perché, al di là delle ricorrenze, delle date commemorative, si deve ricordare l’orrore per generare orrore verso l’orrore. Non si tratta di uno sterile gioco di parole, piuttosto di un atteggiamento che è alla base della riflessione su quanto accaduto, ma lo scarto è passare dall’amara constatazione del ricordo all’insopprimibile  desiderio di invertire la direzione così come profetizzava Martin Luther King.

Le immagini di Spagnolo fuoriescono dallo spazio pittorico per svelare la mostruosità di cui sono evocazione. Per scuotere le coscienze. Ecco il senso di “Violence”.

Perché ricordare giova. Sempre.  E solo ricordando la sofferenza e il dolore che è possibile contrastare la violenza, ma senza esserne sopraffatti. Bisogna  riconoscerla e ripudiarla ma con la forza costruttiva della parola, del segno.

“Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente”.

Nelle parole di Mahatma Gandhi la lezione più autentica da trasmettere alle nuove generazioni, una lezione che si rinnova ancor oggi attraverso il meraviglioso alfabeto dell’Arte.

 

Antonietta Fulvio

(da modular(t)e /3 Progetto grafico: Antonietta Fulvio www.ilraggioverdesrl.it)

 

Approfondimenti

sul sito

Approda a Lecce Violence. Da una strage all’altra

 

 

Sul sito di riferimento dell’artista

www.rosariofrancescospagnolo.it