I futuristi e le Quadriennali

 I futuristi e le Quadriennali

Un nuovo sguardo sul Futurismo degli anni ’30 e ’40
in un volume Electa promosso dalla Quadriennale

Roma, Villa Carpegna
10 giugno 2009, ore 11

Mercoledì 10 giugno 2009 alle ore 11.00, a Villa Carpegna, la Quadriennale di
Roma presenta il volume della collana editoriale “I Quaderni” (Electa) dedicato
alla stagione futurista dai primi anni Trenta ai primi anni Quaranta. Ne parleranno
il critico d’arte Laura Cherubini e il poeta Valerio Magrelli. Introdurrà Walter
Pedullà.

I futuristi e le Quadriennali è un’opera collettanea che tratta della partecipazione
dei futuristi alle Quadriennali d’Arte del ’31, ’35, ’39, ’43, partecipazione intesa
come chiave di lettura della fase finale di sviluppo dell’avanguardia
marinettiana. Alle quattro mostre furono presenti tutti i principali protagonisti:
Balla, Depero, Dottori, Fillìa, Prampolini, Tato, Thayaht, Crali. In tutto 80 artisti
con 360 opere.

Gli autori (Gino Agnese, Giovanna Bonasegale, Enrico Crispolti, Mariateresa
Chirico, Matteo D’Ambrosio, Anty Pansera) riescono a porre in risalto i caratteri
distintivi della deuxième vague futurista e a dimostrare come non fu una
singolarità chiusa, marginale, senza riscontri. Ben si situò nel tempo e provò a
esprimere una poetica che di quel tempo rispecchiasse i tratti, proseguendo la
vaccinazione di inedite diversità cominciata negli anni Dieci.

Il volume raccoglie il più ampio catalogo di immagini esistenti del secondo
Futurismo e costituisce una tappa obbligata per una conoscenza più approfondita
di questa fase del movimento.

Il contributo iniziale di Agnese inquadra storicamente il periodo nel quale si
svolsero le prime quattro Quadriennali e pone in evidenza come lo sviluppo
dell’avanguardia in quegli anni avvenne in sincrono con tutto il nuovo dell’epoca.
Cambia progressivamente la percezione del reale: andando verso la fine degli
anni Trenta l’immaginario futurista è affascinato, in particolare, dal “respiro dello
spazio”, dalle macchine volanti, che schiudono vertiginose prospettive
cosmiche. Sono gli anni che segnano anche l’avvento della radio, alla quale
Marinetti dedicò due manifesti (quello della Radio e del Teatro
Aeroradiotelevisivo).

Nel suo saggio Enrico Crispolti prende in esame i precedenti della
partecipazione dei futuristi alla Biennale romana del 1925 e alle Biennali di
Venezia e osserva l’evoluzione degli interessi pittorico-plastici che è possibile
riscontrare nelle Quadriennali d’Arte. In particolare, si sofferma sul passaggio da
un modello costruttivo e geometrico di ordine “meccanico” a una diversa
dimensione “cosmica”. Una particolare attenzione è inoltre rivolta alla varietà di
posizioni personali che scorrono dalle punte più avanzate, al passo
dell’innovazione prampoliniana, ad altre situazioni ancora legate al momento
precedente.

Il contributo di Mariateresa Chirico descrive in dettaglio le presenze futuriste alle
quattro edizioni della Quadriennale offrendo un regesto completo ed esauriente
degli artisti e delle opere in mostra, arricchito da rigorosi apparati con tavole
sinottiche che consentono una consultazione sincrona delle presenze e delle
assenze.

Il saggio di Giovanna Bonasegale prende in esame il legame tra la seconda
generazione dei futuristi e il regime. Fatto salvo il rapporto personale di Marinetti
con Mussolini, che si mantenne franco e amichevole nell’arco della loro lunga
conoscenza, la strada del movimento in quegli anni fu in salita. Dice molto, a
questo riguardo, l’esiguo numero di opere acquistate dalle istituzioni nazionali o
locali durante le quattro edizioni delle Quadriennali.

Anty Pansera approfondisce la presenza delle artiste futuriste alle Quadriennali
d’Arte del periodo. Vi parteciparono undici artiste, dalle esponenti di punta come
Benedetta, Marisa Mori, Carla Prina, Regina, Leandra Angelucci Cominazzini
senza trascurare i nomi meno noti. Sono per lo più pittrici, ma molte di loro
possono essere considerate delle “protodesigner”: lavorano a lungo all’insegna
delle arti applicate, progettando e realizzando oggetti anche di uso quotidiano.
Le artiste futuriste non formeranno mai un gruppo, per eterogeneità della loro
formazione oltre che per età anagrafica. Le accomuna la disponibilità
intellettuale e linguistica ad affrontare nuovi temi e materiali.

Nel saggio conclusivo, Matteo D’Ambrosio estende lo sguardo alle mostre
retrospettive dedicate dalla Quadriennale al Futurismo dal 1948 in poi. Mostre
che furono esemplari testimonianze dell’interpretazione che la cultura italiana
del secondo Novecento ha saputo e voluto dare del movimento. Al di là della
collettiva del 1948, che istituì la distinzione tra primo e secondo Futurismo, le
mostre personali hanno permesso di riconoscere la carica innovativa e
l’originalità dei percorsi di Balla e Boccioni, di Depero e Prampolini. Uno
sguardo retrospettivo che ebbe uno dei momenti di più intensa vitalità con la
pubblicazione degli “Archivi del Futurismo” nel 1958.

A.A.V.V., “I Futuristi e le Quadriennali”, Electa, 2009

Ingresso libero

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