The magic eye. Gli scatti di Knulp Malevich

 

Domenica 15 aprile alle Officine Cantelmo di Lecce  l’apertura della mostra “The magic eye” di Knulp Malevich a cura di Alessandra de Donatis

Dentro la fotografia

di Antonietta Fulvio

 

 

 

Si nasce con la fotografia dentro amava dire Ezio Quiresi, una definizione che sembra racchiudere l’assunto di partenza del progetto artistico di Knulp Malevich che ha scelto di ritrarre alcuni tra i più grandi maestri della fotografia mondiale attraverso una lente. The magic eye il nome della mostra curata da Alessandra de Donatis di FotoscuolaLecce che sarà inaugurata, domenica 15 aprile alle Officine Cantelmo di Lecce, alla presenza di Uliano Lucas.

“Famosi artisti dell’otturatore e del diaframma, disposti a reggere un pezzo di vetro, quasi fosse la lente cristallina del loro occhio, e come in un film di Bunuel, ci giocano, quasi fosse una protesi distaccatasi dal loro corpo”. Così il critico Pippo Pappalardo spiega il filo rosso che, nella mostra e nel catalogo (editato da Il Raggio Verde e curato da Ulderico Tramacere con progetto grafico di Bruno Barillari), lega le immagini di Bernard Plossu, Chiara Samugheo, Ferdinando Scianna, Francesco Cito, Gabriele Basilico, Gian Paolo Barbieri, Gianni Berengo Gardin, Giovanni Gastel, Letizia Battaglia, Mario De Blasi, Robert Frank, Massimo Vitali, Rino Barillari, Ernesto Bazan, Tano D’Amico, Nino Migliori, Lisetta Carmi, Uliano Lucas e Eikh HosoeL’autore, che preferisce celarsi dietro lo pseudonimo di Knulp Malevich, li ha incontrati nelle loro case o tra un festival e l’altro e nessuno di loro si è sottratto al gioco della rappresentazione. Unica regola: una lente, un solo scatto per donare una possibilità della propria immagine.  Nella sequenza di ritratti – affascinanti, intriganti, curiosi, ironici – un dato emerge quale unico denominatore. Sono occhi che scrutano l’anima e il mondo. Occhi che guardano – più che lasciarsi guardare – e la lente che ciascuno frappone tra sé e l’obiettivo che li ritrae diventa schermo e maschera; in definitiva un filtro che lascia passare in fondo solo ciò che si vuole…

“L’espansione dell’occhio, simbolo della visione dell’uomo sul mondo,  – scrive Maurizio Lupi nel testo di presentazione – mette in nuce in maniera così forte le diverse e molteplici sensibilità umane dei fotografi tanto da rendere unico ogni singolo ritratto. In ognuno di quegli occhi ingranditi c’è un mondo di amore per gli altri e per la vita stessa”.

 

E dietro il mirino c’è ancora un uomo, ma uno di loro, un fotografo, che prova a carpire la sensibilità del suo soggetto, e lo immaginiamo lì mentre se ne sta in attesa, come un cacciatore che punta la sua preda, pronto a scattare, a fermare un istante irripetibile. A realizzare ciò che sono semplicemente eccezionali prove d’autore.

 

Se il pensiero si potesse congelare sarebbe senz’altro un fotogramma. Se lo si potesse rendere tangibile sarebbe una foto da tenere tra le mani, da osservare mille  e mille volte per scorgervi ancora particolari, prima inosservati. E’ in questo, probabilmente, la magia della fotografia, dell’arte capace di vincere il tempo. Documento che racconta la storia ma anche storia di infinite storie, di luoghi esplorati e di inesplorate emozioni che è possibile raccontare o solo immaginare…. sintesi felice del concetto stesso di comunicazione ma di una comunicazione svincolata dal bombardamento di immagini cui spesso è associata. Fotografare asseriva Henri Cartier Bresson è mettere sulla stessa linea di mira, la testa, l’occhio e il cuore. E le fotografie – dice Ferdinando Scianna – mostrano non dimostrano. E nel senso etimologico del termine che equivale a far pensare.

Questo fa la fotografia d’autore. Apre una finestra davanti ai nostri occhi spesso chiusi perché non sanno vedere.

E ben appropriato è il titolo coniato per l’intero progetto. The magic eye, ovvero l’occhio magico, come la speciale valvola termonionica più propriamente definita indicatrice di sintonia perché veniva usata nelle radio a valvola per facilitare la sintonizzazione delle emittenti. Erano gli anni Trenta e, all’epoca, la tecnologia sembrava davvero essere frutto di una magia; la valvola con la sua luminescenza verde appariva come un occhio, magico appunto, perché la sua luce significava emissione di suoni… emozioni di voci lontane che entravano nelle case con i primi notiziari, le commedie radiofoniche, spezzando le solitudini quotidiane e collegando il mondo quando era inconcepibile pensarlo come un villaggio globale … quell’ occhio era capace di mettere in sintonia il mondo. Azzerare le distanze. E, in qualche modo, l’occhio magico che Malevich ci restituisce con le sue foto è un indicatore di sintonia, un lavoro corale che non sarebbe stato possibile senza l’intesa silenziosa e sottile tra i fotografi che si sono messi in gioco passando dall’altra parte del mirino diventando essi stessi soggetti. Cosa e quanto ognuno ha dato di sé resta forse indecifrabile o forse no. Perché come lo stesso Malevich rivela “neanche un cliché, una cornice, un espediente riesce ad imprigionare la complessità di un volto, per chi vuol guardare, per chi vuol farsi guardare. Ed io, dietro il mio pezzo di vetro (la macchina fotografica) – sempre più luminoso, sempre più artefatto – io resto ancora nascosto, guardando come un bambino, dentro l’occhio magico del mio strumento, confidando di aver indovinato la giusta sintonia, la registrazione di un’autentica presenza”. Ama nascondersi l’autore, ma come per ogni artista non importa chi sia, parlano per lui le sue opere. Le sue immagini. Il cerchio si chiude. Resta il mistero di quell’arte nata da un raggio e da un veleno eppure capace di restituire poesia alla vita.

 

 

The magic eye

Knulp Malevich

dal 15 al 29 aprile – dalle 8 alle 20
vernissage domenica 15 aprile – ore 18.30
con la partecipazione di Uliano Lucas
Officine Cantelmo – Lecce
Ingresso gratuito
Info www.knulpmalevich.com