Chiacchierando con Giancarlo Picci

Giancarlo Picci e la passione per il teatro

Un  salentino tra i finalisti del Concorso “Giovani Attori” del TODI FESTIVAL 2013

È il web che sceglie il vincitore, mediante votazione on line fino al 10 agosto 2013

di Antonietta Fulvio

 

Dal romanzo d’esordio “La luna e il garofano rosso” (edizioni Il Raggio Verde) al palcoscenico di Todi. Una strada che parte dal Salento e arriva a Roma dove Giancarlo Picci studia teatro e recitazione. In esclusiva per Arte e Luoghi l’intervista al giovane attore salentino tra i finalisti del Todi Festival 2013 – Concorso “Giovani Attori”.

Il teatro è una passione e una scelta di vita. Quando hai capito di voler essere un attore?

Amo il teatro da sempre, non riesco a ricordare un momento preciso della mia vita in cui è cominciata l’attrazione per questa passione. Ma ricordo perfettamente quando ho cominciato a far uso della “droga teatrale”, quando l’assapori ne vuoi sempre di più. Per tredici anni ho fatto parte del Gruppo Scout Agesci “Lecce 3” e, durante i campi estivi, mi sono divertito a creare trame e canovacci particolari da mettere poi in scena insieme agli altri, intorno ai fuochi serali. Le mie rappresentazioni hanno suscitato interesse e coinvolgimento, da lì molti mi hanno incoraggiato a coltivare seriamente questa passione.

Una passione che ti ha portato dunque giovanissimo a calcare le scene e soprattutto a studiare teatro…

Avevo 15 anni quando ho cominciato a frequentare la Scuola di Teatro diretta da Salvatore Della Villa, presso il “Teatro Antoniano” di Lecce. Durante questi primi anni di formazione mi sono misurato con personaggi principalmente comici, tra i quali ricordo i testi di Campanile, Cooney, De Filippo ed altri. Anno dopo anno la semplice passione, iniziata per gioco e per scherzoso intrattenimento di amici e parenti, è divenuta uno studio attento e scrupoloso che ho cercato in tutti i modi di far coesistere con gli studi liceali.

 E dopo la maturità la fatidica scelta…il distacco dal proprio paese d’origine e il confronto nella capitale

Sì, dopo la maturità classica conseguita con il massimo dei voti, sono andato a Roma, dove ho iniziato a frequentare  l’Accademia d’Arte Drammatica “Pietro Scharoff”. L’Accademia è stata fondata nel 1946 ed è la prima ad aver adottato in Italia il Metodo Stanislavskij. Lando Buzzanca e Luigi Rendine sono il Presidente e il Direttore dell’Accademia. È stata frequentata da Carmelo Bene, Lina Wertmuller, Franca Valeri, Valeria Valeri e tanti altri. Al termine dei due anni ho conseguito il diploma di attore professionista e sono stato scelto, assieme ad altri colleghi, per dare vita ad una Compagnia teatrale sotto la direzione di Luigi Rendine.

Quale è stato il tuo primo ingaggio? Parlaci delle tue esperienze teatrali

Il primo lavoro è stato “Il Berretto a Sonagli” di Pirandello, interpretavo Fifì. Lo spettacolo ha debuttato a Roma e poi ha replicato in teatri laziali, come a Palestrina e Pontinia. Abbiamo proseguito con “Tre sorelle” di Cechov, il mio personaggio era il barone Tuzenbach, innamorato perdutamente di Irina, ma non ricambiato.

A giugno di quest’anno abbiamo portato in scena “Menzogne della Mente” di Sam Shepard, sceneggiatore e attore contemporaneo. Si tratta di un testo eccezionale, messo in scena solo per la seconda volta in Italia, ambientato nella metà degli anni ’70 negli Stati Uniti, ma oggi attualissimo perché affronta il tema della violenza sulle donne.

Quale pensi che debbano essere i punti di forza per un attore?

Ho sempre ritenuto che la formazione dell’attore debba miscelarsi con vari interessi ed esperienze. La ricchezza interiore è preludio fondamentale ad un buon approccio di studio sul personaggio. Da qui è nata in me l’esigenza di dedicarmi allo studio di altre discipline. E così, proprio pochi giorni fa, ho conseguito la laurea con lode in “Scienze Psicologiche” con una Tesi sulle questioni psicoanalitiche sollevate dal Metodo Stanislavskij, come ricordavo prima applicato in Italia dall’Accademia che ho frequentato. Ho cercato di illustrare le tappe che l’attore deve attraversare per rivivere il personaggio, rivolgendo particolare attenzione alle problematiche di natura psicologica che possono crearsi durante lo studio del ruolo. Secondo l’attore e regista russo Stanislavskij, l’attore, attraverso un lavoro di introspezione, rievoca esperienze vissute precedentemente analoghe a quelle del personaggio, rivivendo sulla scena i propri sentimenti. Servendosi dei propri ricordi emotivi, giunge a manifestare esteriormente, o meglio personificare sulla scena, le azioni del personaggio. Da qui si evince con chiarezza l’importanza della ricchezza interiore dell’attore.

Non solo in scena ma anche dentro la scrittura teatrale. Ci parli Giancarlo del tuo interesse per la scrittura?

Un’altra grande passione che coltivo sin da adolescente è la scrittura, espressione anch’essa dell’amore per l’arte. La scrittura è un modo per liberarmi dall’irrefrenabile fantasia che, in continuazione, crea personaggi, storie, trame. E allora avverto il bisogno di metterle insieme, di legarle. Per questo ho sempre con me un taccuino di viaggio, altrimenti non riuscirei a stare dietro ai miei pensieri! Il mio primo romanzo l’ho scritto a sedici anni, s’intitola “La luna e il garofano rosso”. È un noir che ruota attorno alla morte di un giovane, il cui corpo viene rinvenuto presso il faro Palascìa, noto come il luogo più ad est d’Italia. La storia si sviluppa lungo una serie di altri delitti legati tra loro da un misterioso garofano rosso.

Nonostante la tua giovane età hai maturato numerose esperienze, passando dal teatro alla scrittura. Ma c’è dell’altro vero?

Prima ancora di avvicinarmi al teatro, ho studiato per alcuni anni violino. I primi insegnamenti li ho appresi da mio fratello, musicista che ha frequentato il Conservatorio. Questo senz’altro ha contribuito a far crescere in me, seppur ancora bambino, quella sensibilità artistica che nel corso degli anni ho avuto modo di affinare. Appena diciottenne, come attore e voce recitante, ho collaborato con i Khaossia, un gruppo musicale attento alla riscoperta di suoni antichi. Abbiamo inciso “La Rassa a Bute”, dramma in lingua leccese appartenente al genere dell’opera buffa “napoletana” molto diffusa nel Salento del Settecento.

E ora l’avventura al Todi Festival…

Sì, ho inviato il video di una mia interpretazione al Concorso “Giovani Attori” – Todi Festival 2013. Ho deciso di inviarlo il giorno della scadenza, dopo che nella mia testa si sono susseguiti una serie di “lo faccio?… o non lo faccio?”. Alla fine ho chiamato mio fratello e l’ho pregato di riprendermi con il cellulare. Il video si intitola “Caligola” e la giuria artistica mi ha selezionato tra i finalisti. Ma ora il vincitore viene decretato dal popolo di Facebook. Quindi chiedo a tutti, soprattutto al magico Salento, di sostenermi in questa avventura.Per votare è sufficiente andare sulla pagina Facebook “Todi Festival”. Poi bisogna cercare il video “Caligola” e cliccare su “mi piace”.

Di sicuro hai tanti sogni nel cassetto ma se ti capitasse di aprirlo quale faresti balzare fuori?

I sogni sono tanti e preferisco non renderli espliciti, altrimenti non si avverano! Ma… ho un desiderio immediato: riuscire a portare i lavori della Compagnia, di cui faccio parte, nei teatri di Lecce. Nella terra dove sono cresciuto che, ovunque io vada, porto sempre nel cuore.

(intervista rilasciata il 29 luglio 2013)

 Per votare Giancarlo basta collegarsi al link https://www.facebook.com/pages/Todi-Festival/140197422824100?fref=ts

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