Peppe Barra e la Cantata dei Pastori: la Natività tra sacro e profano
NAPOLI. «È la favola più bella del mondo, è il presepe che si muove» così ha definito La cantata dei Pastori l’attore Peppe Barra che da quarant’anni la porta in giro nei teatri italiani e del mondo. Anche quest’anno, quasi un rito che si rinnova, La Cantata va in scena a Napoli nel Teatro Politeama in via Monte di Dio. Accanto al maestro Barra, nelle vesti di Razzullo oltre che di regista, nel ruolo di Sarchiapone, storicamente interpretato da Concetta Barra e poi da Teresa del Vecchio, c’è Rosalia Porcaro. Insieme interpretano due figure popolari napoletane, Razzullo, scrivano assoldato per il censimento, e Sarchiapone, barbiere pazzo in fuga per omicidio. «La Cantata è un monumento, un pezzo di grande storia del teatro napoletano e per questo va protetta» – ha rimarcato l’attore napoletano evidenziando il successo dell’opera che ogni anno porta a teatro diecimila spettatori.
nella città dei presepi di via San Gregorio Armeno, ci dovrebbe essere anche una casa che ospiti stabilmente questa tradizione per far sì che la Cantata possa essere rappresentata ogni anno facendo arrivare a Napoli il pubblico da ogni latitudine.
Ed è davvero singolare la storia de La Cantata dei pastori che nasce come sacra rappresentazione commissionata dai gesuiti napoletani all’abate Andrea Perrucci 1651-1706) che la firma nel 1648 con lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone. L’intento era distogliere i napoletani dagli spettacoli blasfemi che si facevano in quel periodo nella Napoli del vicereame che affascinavano il pubblico al punto da farlo disertare la messa di Mezzanotte.
La rappresentazione con il titolo originale Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato racconta il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e delle insidie che i Diavoli frappongono loro per impedire la nascita di Gesù. Ma sconfitti i Diavoli grazie agli Angeli, i pastori possono adorare finalmente il Bambinello icona del Bene che riesce sempre a sconfiggere il Male. L’opera però così come concepita dall’abate Perrucci durava quattro ore e non entusiasmava il pubblico napoletano che con il tempo se ne appropria e la trasforma costruendo un personaggio comico, il mostriciattolo Sarchiapone, che affianca Razzullo figura già esistente nella stesura originale e trasformato nel popolano perennemente affamato che richiama il Pulcinella della Commedia dell’Arte. L’opera perde sempre più la sua sacralità colorandosi, anche grazie alla contrapposizione tra la lingua colta dello scrivano Razzullo e il dialetto di Sarchiapone, diventando tra versi arcadici e lazzi scurrili, così divertente ma profana da essere considerata blasfema e addirittura proibita nel 1889 con un editto cardinalizio, che farà dire, poi, a Benedetto Croce che l’opera «era finita e non sarebbe stata rappresentata mai più».Vietata anche nel periodo fascista, continuò ad essere invece rappresentata, prima clandestinamente, poi nei teatrini di quartiere e negli oratori parrocchiali, infine nel 1974 il maestro Roberto De Simone la rilegge e la presenta al Teatro San Ferdinando con la Nuova Compagnia di Canto Popolare e con lo stesso Peppe Barra che negli anni Ottanta insieme alla mamma Concetta le fa varcare i confini nazionali.
Tra sentimento cattolico e rito pagano, la Cantata dei Pastori, sopravvissuta a quattro secoli di rappresentazioni e contaminazioni, è il testo teatrale più longevo della tradizione del teatro barocco napoletano e racconta, come si diceva, le traversie di Giuseppe e Maria per giungere al censimento di Betlemme e gli ostacoli che la santa coppia dovrà superare prima di trovare rifugio nella grotta della Natività. Razzullo e Sarchiapone, di fatto due maschere della tradizione partenopea, diventano testimoni della Nascita che cambia il corso della Storia ma anche protagonisti delle vicende che porteranno a sconfiggere le forze del male. L’opera nata in prosa vede l’esecuzione di un canto il cui incipit «Quanno nascette Ninno a Betlemme, era notte e pareva miezo juorno» suggerisce già tutta la grandiosità dell’evento. Testo di grande forza poetica ed espressiva, “Quanno nascette Ninno”, dalla cui traduzione deriva la canzone “Tu scendi dalle stelle”, fu scritta in lingua napoletana nel dicembre 1754 dal vescovo Alfonso Maria de’ Liguori, santificato dalla Chiesa, che fu il primo a usare il dialetto per canti religiosi. Nell’arco dei quarant’anni di rappresentazioni, l’attore e regista Peppe Barra ha adattato e riscritto con Paolo Memoli La Cantata dei Pastori: ovvero due ladroni a Betlemme attualizzandola e adattandola al pubblico di oggi ma lasciando inalterato il fascino del suo cuore antico.
Sul palco anche Patrizio Trampetti (Diavolo Oste/Cidonio), Maria Letizia Gorga (Zingara/Gabriello), Marco Bonadei (Demonio), Enrico Vicinanza (Ruscellio), Francesco Viglietti (Armenzio), Andrea Carotenuto (Giuseppe), Chiara Di Girolamo (Maria Vergine) e il piccolo Giuseppe De Rosa (Benino). Le musiche sono di Lino Cannavacciuolo e Roberto De Simone. Le scene di Tonino Di Ronza, i costumi di Annalisa Giacci e le coreografie di Erminia Sticchi.