Alda Merini la poetessa dei Navigli

Il 1° novembre di undici anni fa ci lasciava Alda Merini
ma i suoi versi immortali sono il segno della sua presenza
perché gli artisti non muoiono mai

Raffaele Polo

Mio padre mi ripeteva spesso un concetto che mi è rimasto dentro. Che, secondo lui, se si è ‘normali’ non si può concludere nulla di buono, nei campi dell’Arte e della Poesia. E mi portava gli esempi, per lui inconfutabili e granitici, del Pascoli e di Van Gogh, di Ligabue e di Beethoven, aggiungendo che ce ne sono tanti altri, che confermano come ‘il genio’ abbia bisogno di un ‘quid’ che lo renda diverso e lo faccia distinguere dalla massa, per poter produrre capolavori e passare alla memoria dei posteri.

Questa idea, personalissima ma non priva completamente di realtà, mi ha sempre accompagnato e quando mi imbatto in un caso particolare di genialità ‘diversa’, devo per forza pensare a mio padre, alle sue convinzioni e al suo tutto sommato evidente rimpianto di essere rimasto ‘normale’, anziché provare l’ebrezza di una sofferta popolarità.
Io credo che non esistano, sull’argomento, precise indicazioni. E che la casualità di spiriti inquieti e ribelli che si affermano nel mondo della Cultura è per lo meno pareggiata da normalissime persone che studiano, si applicano e poi producono quello che sentono di poter offrire, riuscendo al meglio e spesso non raggiungendo la meritata fama. Ma qui entriamo in altre considerazioni, coinvolgendo la fortuna, la capacità di nascere al posto giusto nel momento giusto e di avere, insomma, quegli aiuti insperati dalla Natura che ad altri sono negati….
Perché questo preambolo? Perché, per intrattenersi a scrivere di Alda Merini, anche in maniera sommaria, frammentaria e alla buona, bisogna partire subito dalla conoscenza della sua vita travagliata, intensa e piena di luci vivissime ed ombre cupe che l’hanno provata e fatta diventare la poetessa più conosciuta del nostro Paese, proprio lei che, da ragazza, fu giudicata ottimamente in tutte le materie escluso l’italiano…. Successe anche a Giuseppe Verdi con la musica e chissà a quanti altri che non abbiamo avuto il piacere di conoscere ma che, magari, erano più che meritevoli di essere annoverati nella difficile Storia della Letteratura.
La Merini no, ha avuto ‘fortuna’ letterariamente proprio mentre i suoi problemi fisici e psicologici si acuivano. E lei, che era cosciente di questo suo stato di eterna bipolarità, avvisa le sue quattro figlie di non dire a nessuno che la loro madre è la poetessa Alda Merini… Ricevendo in risposta l’assicurazione delle giovinette: Tu sei la nostra mamma.
Poi, tutto il resto è racchiuso nei versi di questa poetessa che vorremmo analizzare senza tener conto del suo vissuto. Come potrebbe essere nei concorsi letterari, dove si tratta di giudicare così, velocemente, una composizione che ci piove dall’alto, senza nessuna indicazione ma, proprio per questo, ancor più difficile da comprendere e giudicare. Pensate: se ai giudici del concorso poetico X (che sono persone normali, normalissime) fosse giunta questa anonima composizione, credete che l’avrebbero presa in considerazione? No, certamente. Ma non avrebbero considerato degne d’attenzione neanche ‘M’illumino d’immenso’ di Ungaretti e ‘i cocci aguzzi di bottiglia’ di Montale.

Ribaciami in uno stelo
di amore
e pensa alla giovinezza che mi
prende e mi ha lasciato sola
per lunghi anni.

Eppure, in questi come negli altri versi della Merini, c’è un pizzico di quella Poesia che è così raro da trovare. Una sorta di sortilegio che ci fa comprendere significati nascosti e ci apre il cuore, cancella tutto quello che abbiamo attorno e ci distrae, e ci conduce per mano a scoprire…
Già, a scoprire cosa? A scoprire il senso della vita, a capire proprio quello che abbiamo affermato all’inizio di questo scritto, ovvero i sogni che ognuno di noi ha dentro di sé, li abbiamo tutti, ma proprio tutti, la nostra Alda ce lo dice con parole semplici, staremmo per dire ‘normali’:

Ci sono notti/ che non accadono mai/ e tu le cerchi/ muovendo le labbra./ Poi t’immagini seduto/ al posto degli dei./ E non sai dire/ se nel ripudio/ dell’età adulta/ che nulla perdona/ o nella brama d’ essere immortale/ per vivere infinite/ attese di notte/ che non accadono mai.

Ora voi, che fate parte della giuria di questo concorso poetico, non sapete nulla di nulla, e vi capita questa poesia tra le tante che dovete leggere e giudicare:
A tutti i giovani raccomando:
aprite i libri con religione,
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso
il coraggio dei nostri padri.
E richiudeteli con dignità
quando dovete occuparvi di altre cose.
Ma soprattutto amate i poeti.
Essi hanno vangato per voi la terra
per tanti anni, non per costruivi tombe,
o simulacri, ma altari.
Pensate che potete camminare su di noi
come su dei grandi tappeti
e volare oltre questa triste realtà
quotidiana.
Cosa fate? La guardate con disprezzo, pensate che non si adatta ai canoni poetici contemporanei, che sfonda una porta aperta, che ci ricorda il Verri di ‘Fate fogli di poesie…’, la mettete da parte ma poi, ogni tanto, vi sovviene un verso, una parola, vi ricordate di quel ‘volare oltre questa triste realtà/ quotidiana’ a vi guardate attorno, eccola attorno a voi, sintetizzata mirabilmente da quelle poche parole, parole ‘normali’, ci risiamo con questo aggettivo, eppure la Merini tutto era fuorché ‘normale’….
Potremmo continuare all’infinito, credete. E, non fosse altro che per il piacere di rileggere i versi della poetessa milanese, finiremmo per concludere che la sua è veramente Grande Arte. E che lei, fuori da una normalità grigia e oppressiva, ci offre una stretta e impervia via d’uscita, che si chiama Poesia. Sta a noi comprenderla ed utilizzarla.
In effetti, forse aveva ragione mio padre….