La luce della dignità, pianeta donna

La terza edizione del progetto teatrale ideato dall’associazione teatrale La Barcaccia di Gallipoli. Ne abbiamo parlato con Lola Giuranna

GALLIPOLI. Giunto alla terza edizione il progetto La luce della dignità andrà in scena a Gallipoli il prossimo 27 novembre sul palco del Teatro Schipa. A firmarlo l’associazione teatrale culturale “La Barcaccia” di Gallipoli diretta da Lola Giuranna, che ci ha anticipato i contenuti del nuovo spettacolo.
«“La Luce della dignità” è un unico troncone scenico, articolato da più quadri: Creazione, Prostituzione (Legge Merlin) Santa Barbara, Femminicidio (anima senza eternità e Mia Martini) – spiega Lola Giuranna che aggiunge vuole essere un’opera teatrale per le voci del silenzio».


Un silenzio che scava nella Storia, raccontando storie quasi dimenticate come le pagine della Genesi.
«Nella relazione uomo e donna , descritta nella Bibbia, il narratore sacro sottolinea che tale relazione va vissuto all’interno del progetto di Dio, vale a dire nella dimensione del dono reciproco superando quei miti o ideologie di allora (e di oggi) che presentano l’uomo maschio come un “conquistatore” e la donna come una “seduttrice”, per approdare all’atteggiamento della gratuità e dell’accoglienza reciproca. La nascita della donna è dunque collegata alla nascita del rapporto con l’uomo, un rapporto di parità, complementarietà e reciproco sostegno.»
Una condizione che ancora oggi si stenta ad attuare vivendo in una società con un retaggio ancora fortemente patriarcale. E il quadro relativo alla prostituzione e alla legge Merlin rappresenta in un certo senso uno spartiacque…
«Sì, era il 1958 quando la deputata socialista Lina Merlin riuscì, dopo una lunga battaglia, a far approvare dal Parlamento italiano una legge che metteva fuorilegge le case chiuse, dove le donne esercitavano la prostituzione. La Merlin, accesa femminista, lottò in favore della dignità della donna. E le sue lotte hanno ancora la stessa valenza se pensiamo che ancora oggi purtroppo donne provenienti da paesi poveri o comunque in condizioni di fragilità spesso finiscono nel giro della prostituzione. »
Spesso anche con la diffusione di particolari piattaforme c’è chi interpreta come un fatto di libertà il “vendere il proprio corpo”…
«Sì, ma suonano poco convincenti le parole di chi giustifica anche in Italia la presenza delle case chiuse e parla di sex work e sex worker come se la prostituzione fosse un lavoro come un altro Ma come è stato recentemente affermato si tratta di lavoro in condizione di disuguaglianza e discriminazione. Infatti, l’idea che i corpi delle donne possano essere comprati, e venduti, dagli uomini, e per gli uomini, allo stesso tempo, crea relazioni gerarchiche tra donne e uomini e le perpetua. E questo va contro ai principi dell’art. 41 della nostra Costituzione dal momento che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”»
Nel vostro spettacolo c’è un passaggio significativo dedicato a Santa Barbara, perché?
«Perché Santa Barbara con il suo martirio diventa testimone del coraggio di una creatura fragile che è capace di eroismo perché confida in Dio.
La morte inflitta a lei con violenza e crudeltà si trasforma in espressione di vita.»
E a proposito di vita, e alla luce degli aberranti omicidi commessi contro le donne in queste ultime settimane, La luce della dignità non poteva non dedicare un quadro all’emergenza sociale i tantissimi troppi femminicidi che hanno portato con l’uccisione della giovane Giulia a 105 il numero delle donne morte per mano di un uomo…
«Ogni 3 giorni una donna viene uccisa per mano di un uomo e la violenza di genere nasce principalmente all’interno di relazioni intime e più propriamente nelle famiglie. La cosiddetta violenza intra-familiare, appunto, determina risvolti spesso tragici in cui, ad esempio, se un genitore maltratta suo figlio a sua volta egli maltratterà le donne in un turbine senza fine; è un dato di fatto che bambini che hanno subito violenze diventano uomini violenti. C’è bisogno di intervenire a più livelli, un ampliamento di misure cautelari di natura didattico-educative e una maggiore rapidità delle istituzioni nel dare un seguito tempestivo a querele che spesso rimangono invece per lungo tempo in attesa di essere vagliate. In ultimo necessaria una buona educazione è l’arma più potente che può cambiare in meglio il mondo.»(an.fu.)